L’emergenza Covid in Italia ha messo a dura prova diversi settori, come quello occupazionale, che ad oggi risulta essere tra i più colpiti dalla crisi pandemica. Nel nostro Paese, però, in alcune regioni il calo occupazione è stato maggiore. Mettendo a confronto Nord, Centro e Sud, un’analisi condotta dalla Banca d’Italia ha provato allora a tirare le somme, tracciando uno scenario tutt’altro che confortante.

Lavoro ai tempi del Covid: l’analisi

L’analisi redatta congiuntamente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Banca d’Italia ha provato a tracciare gli andamenti del mercato del lavoro in Italia, in un anno di pandemia, partendo dell’analisi delle comunicazioni obbligatorie relative alle nuove assunzioni (al netto delle cessazioni registrate nello stesso periodo).

Lo studio tiene quindi conto del numero di posizioni di lavoro subordinato, analizzando le tendenze nazionali e locali, con dati provvisori aggiornati al 30 aprile 2021.

La Banca d’Italia ogni anno pubblica le proiezioni macroeconomiche sull’economia italiana. Quest’anno, secondo le proiezioni pubblicate nel mese di gennaio del 2020 (Banca d’Italia, Bollettino economico ,1, 2020), che non potevano tener conto degli inaspettati effetti della pandemia, il numero di occupati avrebbe dovuto aumentare dello 0,4 per cento nel 2020 e dello 0,6 per cento nel 2021 (0,6 nel 2019). Il Covid, tuttavia, ha cambiato un po’ le carte in tavola.

Lavoro, una buona notizia

Prima le buone notizie. Secondo le indicazioni fornite dal report della Banca d’Italia, nonostante la crisi scatenata dall’emergenza sanitaria, in Italia si sta comunque registrando una ripresa del mercato del lavoro, seppure a ritmi moderati.

Tra l’inizio di gennaio e la penultima settimana di febbraio 2021, per esempio, le assunzioni al netto delle cessazioni sono aumentate a ritmi sostanzialmente identici a quelli rilevati nel corrispondente periodo sia nel 2020, quando ancora non si era manifestata la pandemia, sia del 2019.

Dalla fine di febbraio di quest’anno fino a metà di aprile, invece, a causa dell’andamento dei contagi, la creazione netta di posti di lavoro è rallentata. Nonostante ciò, confrontando i primi 4 mesi del 2021 con quelli del 2020, è possibile oggi affermare che l’impatto della pandemia sul mercato del lavoro è stato “significativamente meno intenso di quello osservato nello stesso periodo l’anno scorso”. In particolare, complessivamente “tra gennaio e aprile sono state create circa 130 mila posizioni di lavoro. L’anno prima, invece, 230 mila impieghi erano andati persi”.

Covid, l’impatto sulla disoccupazione

La ripresa registrata nel 2021, tuttavia, non è tale da essere un valido contraccolpo alla crisi nera del 2020. L’anno scorso, infatti, 500 mila posti di lavoro sono andati perduti a casa dell’emergenza sanitaria.

L’analisi, ovviamente, tiene conto delle previsioni formulate a gennaio 2020 da Banda d’Italia, prima della pandemia. Senza lo shock provocato dal Covid, la crescita dei nuovi posti di lavoro (dipendenti) sarebbe infatti avvenuta all’incirca agli stessi ritmi del 2019. La pandemia, come già accennato sopra, ha stravolto tutto.

Crisi Covid: le categorie più colpite

Come sempre, e come ogni settore, c’è chi paga uno scotto più caro quando si parla di crisi. Secondo l’indagine della Banca d’Italia, a questo proposito, la pandemia continua a penalizzare soprattutto i servizi privati e l’occupazione femminile.

Il primo rallentamento, si è registrato da febbraio 2021, interamente imputabile ai servizi privati. Qui, nello specifico, la creazione di posti di lavoro è rimasta su valori sostanzialmente nulli. La debolezza di questi servizi, e delle attività connesse con il turismo in particolare, ha poi penalizzato l’occupazione femminile. E le cose non sono andate meglio nel 2021. Nei primi mesi dell’anno, purtroppo, il saldo delle posizioni di lavoro create e distrutte è stato sostanzialmente nullo per le donne.

Lavoro ai tempi del Covid, maglia nera per il Nord

Tra le regioni più colpite dalla crisi, in termini occupazionali, quelle del Nord tra gennaio e aprile hanno registrato le maggiori perdite.

Nello specifico – se si tiene conto dei contratti a tempo determinato, indeterminato e apprendistatonel 2020 al Nord c’è stato un calo di posti di lavoro pari a -62.490 nel Nord Est e a -67.463 nel Nord Ovest. Nel 2019, invece nello stesso territorio il trend era stato positivo (pari a 56.906 posti di lavoro attivati nelle regioni del Nord Este e 62.695 al Nord Ovest). Nel 2021, fortunatamente, c’è stata una lieve ripresa (con 67.347 contratti stipulati cumulativamente).

Tra le regioni prese in considerazione, in questo caso, anche quelle che nel 2020 sono state tra le più colpite dalla pandemia, come la Lombardia e il Veneto. Basta pensare che alla prima – la Lombardia – sono attribuibili più della metà delle perdite registrate al Nord Est (-37.659 su un totale di 62.490).

La situazione al Centro e al Sud

Meno grave, ma pur sempre preoccupante, il calo di occupazione registrato al Centro e al Sud. Nel 2020, infatti, sono stati firmati -44.457 contratti. Anche in questo caso, l’analisi ha tenuto conto di contratti a termine, contratti a tempo indeterminato e apprendistato. Nello stesso periodo, nel 2019, c’era stato invece un +58.146 di nuovi lavori attivati. Nel 2021, tuttavia, il trend è ritornato ad essere favorevole anche in queste regioni.

Al Sud invece, nel 2020, il trend è stato praticamente opposto a quello del 2019. Contro i 45.692 contratti di lavoro attivati prima dell’anno della pandemia, allo scoppio dell’emergenza sanitaria lo stesso territorio ha fatto registrare un -41.637 di comunicazioni obbligatorie inviate.

Calo minore, infine, c’è stato nelle Isole. Secondo le previsioni di Banca d’Italia, in Sicilia è in Sardegna i posti di lavoro persi ammontano a 14.118 nel 2020. Nel 2019 erano stati avviati al lavoro 31.576 persone (a tempo determinato, indeterminato e in apprendistato). Nel 2021, anche qui, il dato continua ad essere comunque incoraggiante. Nessun numero in negativo, poiché si registra un +15.499 di nuovi impieghi.

L’elaborazione, come già detto, parte dall’analisi dei dati delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Potrebbero esserci quindi delle minime discrepanze e/o arrotondamenti tra aggregati riferiti allo stesso fenomeno. In generale però, grazie a questi dati, è possibile ipotizzare che in assenza della pandemia l’occupazione sarebbe continuata a crescere come nel decennio precedente.