La burocrazia in Italia si trasforma e si evolve: da cartacea a digitale. Al posto di timbri e firme ci sono i Pin e le pec e le password. Senza calcolare il dispendio di energie e di tempio a ricordarsi i metodi di accesso ai vari servizi digitali della P.A.

Con l’evoluzione tecnologica si pensava di dare un colpo alla burocrazia e ai suoi costi eliminando le file agli sportelli e le procedure cartacee, ma nulla è cambiato in sostanza.

Le macchine non hanno sostituito l’uomo, ma si sono interposte ad esso. La digitalizzazione, soprattutto nella pubblica amministrazione, non ha alleggerito il carico di lavoro dei dipendenti pubblici, anzi lo ha aggravato. Se prima, infatti, per fare una pratica occorreva 1 ora adesso in 1 ora se ne devono fare due. E per l’utenza? Inutile dire che è diventato un inferno, fra Pin, password, Spid, pec, email, ecc.

Ricordarsi tutto sperando di fare le cose correttamente è diventata impresa titanica per chiunque, soprattutto per le persone più anziane. Si pensi solo al fatto che per recarsi in banca o all’ufficio postale bisogna prenotare giorno e orario. E così in molti uffici pubblici. Emergenza Covid si dirà, ma sono già in molti a pensare che tutto questo diventerà la regola in futuro.

La burocrazia digitale

E che dire degli sprechi? Gli sprechi nella pubblica amministrazione si moltiplicano anche nell’era digitale. Non si sono ridotti. Quello che lo Stato risparmia non utilizzando carta, timbri e firme, lo spende per far lavorare le società di informatica per realizzare complicatissimi sistemi di autenticazione web, per mantenere computer, server, reti intranet e per aggiornare il personale. Non ultimo lo Spid che dovrebbe agevolare l’accesso ai siti internet istituzionali, da quelli del proprio Comune di residenza al sito dell’Agenzia delle Entrate o dell’Inps.

Per ora, però, si sono create solo maggiori difficoltà, sia per le imprese che per i privati. Si pensi, ad esempio, ai problemi riscontrati con l’Inps dai beneficiari dei bonus da 600 euro o ai ritardi nell’erogazione degli assegni di cassa integrazione.

La burocrazia costa più dell’evasione fiscale

Secondo la CGIA di Mestre, la burocrazia ci costa 200 miliardi di euro all’anno, quasi il doppio della lotta all’evasione fiscale che il governo reclama da anni come il nemico principale da combattere. Ma è l’inefficienza dei servizi pubblici che pesa di più in termini di costi economici e sociali. Non che l’evasione fiscale non sia un problema, anzi. Come sostiene Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre.

Se, infatti, portassimo alla luce una buona parte delle risorse sottratte illecitamente all’erario, la nostra P.A. avrebbe più soldi, funzionerebbe meglio e, probabilmente, si creerebbero le condizioni per alleggerire il carico fiscale. Con meno evasione e una P.a. più efficiente potremmo creare le condizioni per rilanciare questo Paese“.

Quanto costa la burocrazia in Italia

Tra i vari sprechi nella pubblica amministrazione, la CGIA di Mestre fa notare l’elevato costo annuo che le imprese devono sostenere per la burocrazia e quindi per gestire i rapporti con gli uffici. In tutto si stima una spesa di 57 miliardi di euro. I debiti contratti nei confronti di privati fornitori dalla P.A: ammontano a oltre 53 miliardi di euro, mentre la spesa pubblica totale supera di 24 miliardi, soglia che consentirebbe di abbassare la pressione fiscale.

Sprechi tangibili anche nel campo della giustizia dove le lungaggini e le perdite di tempo possono essere quantificate tranquillamente in 40 miliardi di euro all’anno. In campo sanitario, fra sprechi e corruzione, il costo per la collettività è di circa 23,5 miliardi. Mentre per quanto riguarda l’efficienza dei trasporti pubblici gli sprechi risultano superiori ai 12 miliardi di euro.