• Non solo Opzione Donna, prorogata dalla legge di bilancio 2022: sono altre le vie di uscita dal lavoro (anticipate e non) che prevedono degli sconti per le lavoratrici. Alla luce degli ultimi interventi dell’Esecutivo di Draghi, vediamo come e quando può andare in pensione una donna oggi, tra costi e bonus riconosciuti a chi ha (o non ha) figli.

In pensione nel con Opzione Donna: requisiti e modalità

La cosiddetta pensione “Opzione Donna” è un trattamento pensionistico calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo.

Viene erogata, a domanda, in favore delle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno maturato i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2021.

Le lavoratrici conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi:

  • 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;
  • 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.

Le lavoratrici del comparto scuola e dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM), al ricorrere dei requisiti, possono conseguire il trattamento pensionistico rispettivamente a decorrere dal 1° settembre e dal 1° novembre 2022. La decorrenza del trattamento pensionistico non può essere comunque anteriore al 2 gennaio 2022.

Possono accedere alla pensione anticipata c.d. Opzione Donna le lavoratrici che abbiano maturato:

  • entro il 31 dicembre 2021, un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni;
  • un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Queste condizioni, come già accennato sopra, sono state confermate dalla Manovra di Draghi anche per il 2022.

Ape sociale: come cambiano i requisiti per le lavoratrici donne (con figli)

Tra le possibilità di pensionamento anticipato, che prevedono uno “sconto” per le lavoratrici donne, va sicuramente citata la cd.

Ape Sociale. Si tratta di un’indennità a carico dello Stato erogata dall’INPS, a soggetti che si trovano in determinate condizioni.

Per avere diritto all’Ape sociale è necessario:

  • aver compiuto almeno 63 anni di età;
  • non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero.

A questi requisiti, poi, si aggiungono quelli relativi allo status personale e/o professionale del lavoratore. L’indennità cd. Ape Sociale, infatti, spetta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione Separata, i quali:

  • risultano essere disoccupati;
  • assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;
  • hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno sette anni negli ultimi dieci ovvero almeno sei anni negli ultimi sette una o più attività cd. gravose.

Le stesse condizioni, come ribadisce l’INPS, valgono anche per le lavoratrici. Ai fini del riconoscimento dell’indennità, tuttavia, per le donne i requisiti contributivi sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di due anni.

Per tutte le altre modalità di uscita, invece, restano confermati i requisiti e le condizioni valide per lavoratori e lavoratrici senza figli.

Opzione Donna, a quanto ammonta la pensione per le lavoratrici

Per il calcolo dell’assegno pensionistico spettante con Opzione Donna bisogna seguire le regole del sistema contributivo.

Ai fini del calcolo occorre:

  • individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;
  • calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell’aliquota di computo (33% per i dipendenti. Quella vigente anno per anno per gli autonomi come da circolare 29 gennaio 2016, n. 15 e per gli iscritti alla Gestione Separata che varia anche a seconda della situazione del contribuente come da circolare 29 gennaio 2016, n. 13);
  • determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo) determinata dall’ISTAT;
    applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell’età del lavoratore, al momento della pensione.

Il montante individuale rappresenta il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni lavorativi.

Per determinare il montante individuale dei contributi occorre:

  • individuare la base imponibile annua, cioè la retribuzione annua per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti ovvero il reddito annuo per gli iscritti alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, corrispondente ai periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto, da ricongiunzione) fatti valere dall’assicurato in ciascun anno;
  • calcolare l’ammontare dei contributi di ciascun anno moltiplicando la base imponibile annua per l’aliquota di computo del 33% per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente, ovvero per l’aliquota di computo di anno in anno vigente per i lavoratori autonomi e per i parasubordinati;
  • sommare l’ammontare dei contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del PIL nominale, appositamente calcolata dall’ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. Il tasso di capitalizzazione è stato modificato da ultimo dal decreto legge 21 maggio 2015, n. 65.

L’importo così ottenuto costituisce la quota di montante individuale dei contributi per i periodi maturati successivamente al 31 dicembre 1995.

In pensione con Ape Sociale: quanto spetta alle lavoratrici donne

L’indennità con Ape Sociale, in caso di iscrizione ad un’unica gestione, è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro) o pari a 1.500 euro (se la pensione è pari o maggiore di questo importo).

L’importo dell’indennità non è rivalutato, né integrato al trattamento minimo.

Nel caso di soggetto con contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo presso più gestioni, tra quelle interessate dall’APE Sociale, il calcolo della rata mensile di pensione è effettuato pro quota per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento.

Durante il godimento dell’indennità non spetta contribuzione figurativa. Il trattamento di Ape Sociale, invece, cessa in caso di decesso del titolare e non è reversibile ai superstiti.

Ai beneficiari non spettano gli assegni al nucleo familiare.