L’Istat conferma che il declino demografico italiano è ormai quasi irreversibile. Gli indicatori economici confermano che in Italia nel 2023 ci sono state solo 379 mila nascite con un tasso di natalità fra i più bassi d’Europa, solo il 6,4 per mille. E il numero medio di figli per donna scende a 1,2, dato che si confronta con una media Ue di 1,4.

Aumenta, al contrario, la popolazione anziana che vede una progressiva crescita dell’età media. A fine 2023, gli ultra sessantacinquenni erano 14,34 milioni, il 24% della popolazione residente che ammonta a 58,9 milioni di individui.

Persone che sono in pensione da anni, ma che già oggi, a 65 anni, la pensione non la vedranno perché il requisito ordinario si è alzato negli anni fino a 67 anni. Con tendenza ad aumentare.

Pensioni sempre più lontane con meno figli

Premesso questo, viene da sé pensare che meno figli si fanno, meno pensioni si avranno. Del resto, senza gente che lavora e produce, il sistema pensionistico a ripartizione non regge e, onde evitare il collasso, si tenderà ad allungare sempre più l’età pensionabile. Questa è infatti agganciata alla speranza di vita da quando nel 2012 è stata introdotta la riforma Fornero.

Al momento l’età della pensione è fissa a 67 anni per uomini e donne e fino a fine 2026 non cambierà. Ma dal 1 gennaio 2027 è quasi dato per scontato che si salirà di 2 mesi, visto che le aspettative di vita della popolazione italiana sono tornate a crescere dopo la fine della pandemia. Si andrà quindi in pensione un po’ più tardi e non è detto che questo basterà a contenere l’impatto derivante dal calo delle nascite.

La popolazione attiva è sempre meno e l’apporto dell’immigrazione non è sufficiente a tenere in piedi il sistema economico del nostro Paese. Il rapporto fra lavoratori attivi è in rapido deterioramento e ciò minaccia la tenuta dei conti dell’Inps.

Più nel dettaglio, il rapporto fra lavoratori e pensionati è calato a 1,3 e arriverà a 1 entro il 2050. Come diceva l’ex presidente Inps Pasquale Tridico:

“In Italia oggi ci sono 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati su una popolazione di 59 milioni. Impossibile che un equilibrio stabile possa essere mantenuto a lungo”.

Altri tagli alle pensioni sono inevitabili

Le previsioni sono quindi per altri tagli alle pensioni e niente riforme strutturali. L’entrata a regime del sistema contributivo per tutti, prevista entro il 2035, arriverà troppo tardi rispetto all’evolversi della situazione. Il governo dovrà quindi intervenire, e già lo sta facendo, su più fronti non bastando attendere l’aumento dell’età pensionabile.

Nel mirino ci sono sempre le pensioni anticipate, con Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale ormai ristrette a poche migliaia di lavoratori. E con penalizzazioni importanti oltretutto. Ma non sembra bastare. E infatti anche le rivalutazioni degli assegni sono state tagliate negli ultimi due anni per coloro che percepiscono rendite medio-alte. Una strada a ostacoli che sembra non trovare ancora una soluzione definitiva al contenimento della spesa previdenziale.

Si arriverà presto a toccare anche gli importi delle rendite in pagamento e anche le pensioni di reversibilità, come da indiscrezioni che circolano da tempo fra gli ambienti ministeriali. Se il calo demografico non si arresterà, è inevitabile che pensioni, così come sono, non potranno essere pagate a lungo. Pena il dissesto finanziario dell’Inps che già ha previsto un patrimonio negativo di oltre 9,2 miliardi per il 2023, e destinato ad aumentare nei prossimi cinque anni.

Riassumendo…

  • Il calo demografico minaccia la tenuta del sistema pensionistico italiano.
  • In arrivo nuovi tagli e l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni e 2 mesi.
  • In Italia oggi ci sono 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati.