Pensioni di reversibilità solo con il sistema contributivo. E’ questa l’idea che serpeggia ai piani alti del Ministero del Lavoro e dell’Economia per fronteggiare l’emergenza dei costi previdenziali che rischia di travolgere la sostenibilità della spesa pubblica. Un piano diabolico che potrebbe vedere la luce già il prossimo anno, anche se nessuno ne parla per non destare troppe preoccupazioni.

La mannaia, quindi, dopo essere caduta finora sulle pensioni anticipate, rischia adesso di coinvolgere i trattamenti ai superstiti.

Non quelli già in pagamento, ma quelli futuri. Un modo come un altro per rendere giustizia ed equità, ma soprattutto per fare cassa chiudendo, laddove ancora possibile, i rubinetti dell’Inps. Del resto l’economia italiana arranca, la popolazione invecchia e le previsioni di spesa vengono periodicamente aggiornate al rialzo.

Pensioni di reversibilità solo col sistema contributivo

Ma come funzionerebbe la riforma sulle pensioni di reversibilità? Anche se si tratta di un progetto, peraltro caldeggiato già dal governo Draghi nel 2022 su pressioni dell’Ocse, non è mai stato accantonato. E’ lì, giacente in un cassetto di qualche ufficio ministeriale, sotto chiave e pronto per essere tirato fuori in caso di bisogno.

Sostanzialmente tutto passerebbe attraverso una riforma basata sempre sui redditi dell’avente diritto, ma che interverrebbe non sulla percentuale dell’assegno spettante, ma direttamente sul calcolo della pensione. Quindi una tagliola che partirebbe a monte e non a valle come avviene adesso, con buona pace dell’Inps che non dovrà più effettuare controlli a posteriori sui redditi percepiti da ex coniugi e parenti.

In buona sostanza – secondo indiscrezioni che circolano a Roma – da la pensione ai superstiti sarà concessa con un ricalcolo contributivo dell’assegno del de cuius. L’importo sarà pagato per intero o leggermente ridotto solo se l’avente diritto non ha redditi per vivere e ha un’età tale da non potersi collocare più sul mercato del lavoro.

Farà fede anche l’Isee. Quindi ex coniugi occupabili non avrebbero diritto alla stessa misura della pensione di reversibilità di oggi se sono ancora in età lavorativa. O se hanno patrimoni tali da poter vivere dignitosamente.

Salve le pensioni di vecchiaia

Stando alle ipotesi, le pensioni di reversibilità ottenute dal de cuius in via ordinaria saranno salvaguardate. Nel senso che per questi trattamenti non interverrà il ricalcolo contributivo dell’assegno per l’ex coniuge. Nel mirino, infatti, ci sarebbero solo le pensioni anticipate e non anche quelle di vecchiaia.

Per i sindacati si tratta di un’aberrazione perché andrebbe a minare un sacrosanto diritto degli eredi col rischio di aumentare il divario sociale nel nostro Paese. Difficile che possa essere attuata una misura del genere – fanno sapere dalla Cisl – ma ormai c’è da spettarsi di tutto, visto anche il calo della natalità, fenomeno che sembra diventato irreversibile.

Non solo. Le pensioni di reversibilità sono in progressivo aumento proprio per il fatto che la popolazione è più vecchia e il numero delle reversibilità tenderà a crescere nei prossimi anni. Col rischio che la sostenibilità dei conti pubblici diventi, più che un problema da affrontare, una emergenza finanziaria per la quale l’Inps ha già ammonito il Parlamento ad agire prima che sia troppo tardi.

D’altra parte tagliare ancora di più le uscite anticipate non porterà chissà quali altri benefici per il bilancio dello Stato. Ormai siamo all’osso. Nel mirino ci sono quindi le pensioni di reversibilità sulle quali si possono realizzare importanti risparmi. Sempre nel segno dell’equità sociale che probabilmente chiederà l’Europa.

Riassumendo…

  • Pensioni di reversibilità nel mirino del governo per risparmiare sulla spesa Inps.
  • Le nuove prestazioni potrebbero essere calcolate col sistema contributivo.
  • Salvaguardate solo le pensioni di vecchiaia del de cuius, ma per quelle anticipate ci sarebbero tagli.