L’ex premier Silvio Berlusconi ha fatto della “flat tax” il suo cavallo di battaglia per questa campagna elettorale. Sui redditi delle persone fisiche, spiega, imporrà un’unica aliquota del 23% sopra i 12.000 euro lordi all’anno, nel caso in cui il centro-destra vincesse le elezioni politiche del 4 marzo. Mentre infuria il dibattito sulle coperture di una proposta, che nello scenario più pessimistico arriverebbe a costare allo stato un’ottantina di miliardi (la metà, secondo calcoli indipendenti), ci chiediamo cosa cambierà e in che misura per il calcio italiano, notoriamente un comparto dell’economia, in cui gli stipendi girano a tanti zeri.

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Iniziamo ad esaminare le ripercussioni sul Milan, la squadra che è stata proprio di Berlusconi fino all’aprile scorso per ben 31 anni. La rosa del club rossonero vale 103 milioni di euro in stipendi lordi per la stagione in corso, che al netto scendono a 55,5 milioni. A conti fatti, l’aliquota media applicata al monte-stipendi è del 46%. Leonardo Bonucci è il più costoso con un ingaggio annuo di 13,88 milioni lordi, che al netto scendono a 7,5 milioni. A seguire, troviamo il portiere Gigi Donnarumma, che alla tenera età di 18 anni ha portato a casa, la scorsa estate e tra le polemiche, 11,10 milioni lordi all’anno, ovvero 6 milioni netti. Completa il podio Lucas Biglia con un lordo di 6,48 milioni e un netto di 3,50 milioni.

Ora, immaginando che dalla prossima stagione venisse introdotta la flat tax così come promessa (ipotesi alquanto inverosimile), otterremmo che il Milan, continuando a sganciare gli stessi 103 milioni, nei fatti aumenterebbe il monte-ingaggi netto a 79,3 milioni di euro, qualcosa come 23,8 milioni in più di oggi. Soldi, che entrerebbero in più nelle tasche dei giocatori, rendendoli più ricchi e facendo del club – ma lo stesso varrebbe per tutte le altre squadre italiane – una meta più allettante per un calciatore, quando si trovasse dinnanzi alla scelta tra l’andare a giocare all’estero o scommettere sul nostro campionato.

Come aumenterebbero i compensi dei grandi giocatori di Serie A

Nello specifico, Bonucci si porterebbe a casa non più 7,5, bensì 10,7 milioni, ben 3,2 milioni in più a stagione. Donnarumma passerebbe dagli attuali 6 a 8,55 milioni, +2,55 milioni. E Biglia salirebbe a 5 milioni, guadagnandone 1,5 in più. Solamente questi primi tre giocatori s’impossesserebbero di oltre il 30% dei maggiori stipendi netti, esattamente la quota rappresentata dai loro ingaggi al lordo delle imposte.

Allargando lo sguardo ai primi 10 calciatori più pagati della Serie A, sottraendo i già citati Bonucci e Donnarumma, troviamo i seguenti dati: Gonzalo Higuain della Juventus passerebbe da un netto di 7,5 a uno di 10,7 milioni (+3,2 mln), Paulo Dybala, sempre della Juve, da 7 a 9,99 milioni (+2,99 mln), l’altro juventino Douglas Costa da 6 a 8,55 milioni (+2,55 mln), Miralem Pjanic, ancora Juve, da 4,5 a 6,41 milioni (+1,91 mln), Edin Dzeko della Roma da 4,50 a 6,41 milioni (+1,91 mln), Mauro Icardi dell’Inter da 4,50 a 6,41 milioni (+1,91 mln), Rajya Nainggolan della Roma da 4,2 a 5,98 milioni (+1,78 mln) e Sami Khedira della Juve da 4 a 5,7 milioni (+1,7 mln). (Leggi anche: Top ten calciatori più pagati)

Cosa accadrebbe a Juve e Milan

Come notiamo, nella top 10 figurano ben 5 bianconeri, il cui monte-ingaggi netto salirebbe complessivamente di 12,3 milioni. Attenzione, però, perché non è detto che con i rinnovi contrattuali queste cifre reggerebbero. Le società, che nel caso di alleggerimento della pressione fiscale da parte dello stato non possono rinegoziare gli stipendi lordi al ribasso, ne approfitterebbero per il futuro. Ai giocatori offrirebbero verosimilmente stipendi lordi in partenza più bassi, consapevoli che il netto sarebbe più elevato con l’aliquota al 23% e non più al 46% attuale. E’ presumibile che sfrutterebbero la flat tax per appropriarsi di parte della minore tassazione, lasciando che i calciatori godessero parzialmente di stipendi più alti.

La Juventus, con un monte-ingaggi di circa 149 milioni lordi, risparmierebbe fino a un massimo di 44 milioni e mezzo, nel caso in cui con i rinnovi lasciasse invariati i compensi netti, tagliando quelli lordi.

Nel caso del Milan, invece, il club potrebbe abbassare il monte-ingaggi lordo di una decina di milioni, tenendo conto che con la flat tax la rosa beneficerebbe di quasi 24 milioni di euro netti in più a stagione. Nell’ipotesi peggiore per i calciatori, con il rinnovo la società lascerebbe immutato il netto agli attuali 55,5 milioni, risparmiando oltre 30 milioni. Nell’ipotesi peggiore per il club, a parità di lordo, i giocatori otterrebbero stipendi netti per quasi 24 milioni più alti. E’ molto probabile che le parti s’incontrerebbero a metà strada con benefici reciproci. Ad esempio, il Milan sborserebbe sui 90 milioni lordi e i giocatori otterrebbero così compensi netti per oltre 69 milioni. Stiamo ragionando evidentemente su ingaggi immutati, ipotesi irrealistica, ma solo per fare capire cosa accadrebbe ai bilanci societari. In sostanza, la squadra migliorerebbe i suoi conti per qualche decina di milioni di euro all’anno (e Marco Fassone sa quanto ne avrebbero bisogno), mentre la rosa sarebbe ugualmente più contenta. E’ l’esempio lampante di quanto minori tasse farebbero bene a tutti. (Leggi anche: Milan lascia San Siro?)

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