La crisi di Alitalia potrebbe essere arrivata ad un punto di svolta. La notte scorsa, dopo una trattativa serratissima che si è tenuta tra le parti al Ministero dello Sviluppo Economico, è stato siglato una sorta di pre-accordo che dovrà ora essere sottoposto, tramite referendum, ai dipendenti della vecchia compagnia di bandiera. Il rischio di sorprese negative dell’ultima ora resta alto ma la strada, per la prima volta dall’inizio di questa nuova fase della crisi di Alitalia, appare ora in discesa.

Considerando che il referendum tra i lavoratori Alitalia si dovrebbe tenere a Pasqua, è logico ipotizzare che per l’intesa definitiva tra le parti sia necessaria ancora una settimana.

Il pre-accordo siglato a notte fonda ridimensiona la portata del piano di risanamento giudicato inevitabile per salvare Alitalia dal fallimento. In particolare i due punti cardine dell’intesa preliminare riguardano la diminuzione degli esuberi e la riduzione del taglio degli stipendi. Per quello che riguarda gli esuberi a terra tra il personale a tempo indeterminato, il pre-accordo prevede il taglio di 980 unità contro le 1338 richieste in precedenza. Il taglio degli stipendi di piloti e personale di volo sarebbe stato invece ridotto all’8%. Sia per quello che riguarda gli esuberi che per quanto riguarda il taglio degli stipendi, la soluzione alla quale si è giunti rappresenta un compromesso tra le pretese degli azionisti e la difesa dei lavoratori. (Leggi anche: Alitalia, ipotesi accordo bond con garanzia statale)

I numeri molto stretti sui quali si è svolto il braccio di ferro sono la dimostrazione dello scarso margine di manovra che oramai il dossier Alitalia presenta. Del resto, gli azionisti sono stati molto chiari nei giorni scorsi: senza accordo con i lavoratori, Alitalia sarebbe andata incontro ad una nuova crisi di liquidità. La vecchia compagnia di bandiera, infatti, ha da tempo urgente bisogno di nuove iniezioni di capitale che gli azionisti hanno categoricamente escluso senza il preliminare raggiungimento di una intesa sui tagli.

Crisi Alitalia: i numeri del risanamento

Ma di quanti soldi ha bisogno Alitalia per evitare di cadere nel baratro di una crisi senza fine? I numeri del nuovo piano di risanamento della vecchia compagnia di bandiera sono impressionanti. Alitalia ha infatti bisogno di una ricapitalizzazione di 1,9 miliardi di euro, di cui 900 milioni come nuova finanza. Si tratta di una somma molto consistente e, considerando anche quella che è la situazione generale delle compagnie di volo, nessun azionista è disposto a sganciare contributi a scatola chiusa.

Laddove quindi le risorse non dovessero essere reperite, diverrebbe inevitabile l’intervento dello Stato. Su questo punto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, è stato molto chiaro affermando: “Se l’operazione dovesse fallire tutti i costi finirebbero sullo Stato e si tratta più di un miliardo”. Viceversa, ha aggiunto Calenda, se l’accordo dovesse essere approvato dai sindacati e quindi se le banche dovessero mettere a disposizione del risorse “lo Stato italiano attraverso Invitalia potrà dare una garanzia se le cose dovessero andare male nel 2018“. Tale garanzia pubblica è stata richiesta dalle banche e si aggirerebbe intorno ai 200 milioni di euro.

Mai come in questo momento il destino di Alitalia appare lineare: se c’è l’intesa definitiva, lo Stato sarebbe pronto a fare la sua parte in termini di garanzie reali e la compagnia di bandiera sarebbe salva, Viceversa, senza intesa definitiva, tutto il peso del salvataggio di Alitalia finirebbe sulle spalle dello Stato. La situazione, nonostante il pre-accordo tra le parti, resta quindi molto tesa. Del resto, come hanno messo in evidenza anche alcuni acuti osservatori, la vicenda Alitalia è lo specchio della decadenza economia dell’Italia. (Leggi anche: Crisi Alitalia infinita, cosa insegna il fallimento dei “capitani coraggiosi”)