Si chiamerà “template response plan” e sarà il principale oggetto del dibattito di domani all’Eurogruppo in videoconferenza. L’espressione capta le condizioni per accedere al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per ricevere aiuti sanitari, diventando di fatto il nuovo “memorandum of understanding”. L’idea sarebbe di elencare una serie di voci di spesa per le quali i governi possano richiedere aiuto dell’ente fino al 2% del pil. Il monitoraggio del MES sarebbe legato esclusivamente all’utilizzo dei fondi per tali voci (non la pensa così l’Olanda) e non prevederà controlli in stile Troika.

Quanto alla durata degli aiuti, dovrebbero risultare accessibili per un periodo congruo, anche di 2-3 anni nel caso di nuovi focolai di Coronavirus, mentre sui termini dei prestiti (durata e tassi) ancora si discute.

C’è un altro punto sul quale non esiste accordo: l’OMT. Il piano anti-spread della BCE a favore dei bond sovrani di uno stato scatterebbe con l’erogazione degli aiuti da parte del MES al governo richiedente, ma questo era stato pensato con un MES condizionato alla sottoscrizione di un’agenda di riforme. Con un MES di fatto condizionato solamente alla destinazione di impiego dei prestiti, non tutti i governi ritengono che lo scudo di protezione di Francoforte possa essere fornito.

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Il legame tra MES e OMT

Eppure, il problema si pone molto più di prima dopo la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, che nei fatti ha messo in mora la BCE, affinché spieghi entro tre mesi come intenda salvaguardare il principio di proporzionalità negli acquisti di assets condotti con il suo “quantitative easing”. A venire meno sono due fondamenta dei programmi monetari dell’istituto: la loro tendenziale illimitatezza dimensionale e temporale e la sproporzione nell’acquisto di assets.

Quest’ultima è stata esplicitata con il PEPP di marzo. A differenza del QE, qui non vi è obbligo di rispettare il “capital key”, quella regola che lega gli acquisti alle dimensioni economiche degli stati.

Nei primi quattro mesi dell’anno, la BCE ha acquistato BTp per quasi un terzo del totale dei bond sovrani (31,7%), con una quota che toccato il 37% in aprile, a fronte del 17% teorico spettante all’Italia. Questo significa che, alla luce della sentenza di Karlsruhe, Francoforte starebbe violando il principio di proporzionalità e rischia seriamente di perdere la Bundesbank, se non chiarirà bene il punto. Possiamo immaginare che per evitare frizioni con la banca centrale nazionale della prima economia europea, l’Eurotower inizierà a ridurre la concentrazione degli acquisti a favore dei BTp, in particolare, così da mostrarsi già nei fatti rispettosa del principio tanto caro ai tedeschi.

Questo implica, però, l’assenza di difese specifiche per i titoli di stato italiani, che in questa fase risultano i più deboli sui mercati, a causa del mix di crisi economica e crisi fiscale potente che sta travolgendo il Bel Paese. Se così è, l’unico modo che la BCE avrà di acquistare BTp è che il governo Conte chieda aiuto al MES. Vedremo se basterà farlo per i soli aiuti sanitari. Dunque, nell’ipotesi migliore dovremmo accettare di prendere in prestito fino a 36 miliardi del Fondo salva-stati per l’emergenza Coronavirus, mentre in quella a noi più sfavorevole dovremmo chiedere vera e propria assistenza finanziaria, con tanto di condizioni da accettare e di commissariamento di fatto dell’operato di Roma. Solo così scatterebbero gli acquisti illimitati della BCE per i titoli di stato con scadenze comprese tra 1 e 3 anni.

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