Si avvia a diventare un record di incassi l’ultima fatica cinematografica di Checco Zalone, Quo Vado?, in programmazione in 1.300 sale di tutta Italia sin dal giorno di Capodanno. Nei primi 2 giorni, il film aveva sfiorato i 14 milioni di euro di incassi e i 2 milioni di spettatori, accingendosi forse a superare i 20 milioni entro domenica, cioè nel primo weekend. Già 2 anni fa con Sole a catinelle, l’attore pugliese aveva incassato 52 milioni di euro, attestandosi al secondo posto di sempre, dietro solo ad Avatar.
Il culto del posto fisso
Senza volervi svelare nulla della trama, ci limitiamo a scrivere che Zalone veste nel film i panni di un dipendente della Provincia di Bari, un’istituzione cancellata da una riforma voluta dal governo. Sin da piccolo, il protagonista era stato convinto dal padre ad ossequiare il posto fisso, di cui si mostrano gli aspetti salienti: totale mancanza di controllo del lavoro svolto, assenza di stimoli, paga fissa e slegata dai risultati, un’occupazione spesso fine a sé stessa, di fatto senza alcuna utilità pratica per l’utenza, lassismo, confine labile tra la corruzione e comportamenti “disinibiti”. Zalone è costretto ad abbandonare il posto di lavoro a pochi metri da casa, in seguito alla riforma, ma si ostina a volere rimanere alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, sfruttando anche diversi sotterfugi garantiti dalle stesse norme in materia.
Lo scontro tra quieto vivere e ambizione
Ne segue un confronto tra chi persegue un’esistenza, basata sull’ambizione, sul miglioramento di sé stessi, sulla carriera e chi, come il dipendente pubblico-tipo, ritiene che la vita debba essere imperniata sulle certezze, su un modo di vivere rilassato, anche al costo di rinunciare a qualsiasi ambizione personale e professionale.
L’Italia profonda e la voglia di modernità
Ma la critica non è solo e tanto alla politica, quanto al “lieto vivere” ambito nei cuori dell’Italia profonda, dove la garanzia della stabilità prevale su qualsivoglia ambizione di carriera e di realizzazione personale. C’è, però, un altro aspetto in risalto nel film, che non tutti hanno forse colto: la critica al provincialismo degli italiani, che pur di mostrarsi moderni (“civili”, per usare il termine di Zalone), si mostrano disposti ad accettare modi di pensare e di fare lontani dalle nostre tradizioni e dalla nostra impostazione culturale, magari parlando male del nostro paese, quando si trovano all’estero, quasi per ostentare una presa di distanza netta da ciò che vengono considerate arretratezza e mancanza di senso civico.
Quella di Zalone è l’Italia senza fronzoli
Alla fine, però, nel protagonista prevalgono la nostalgia per l’Italia, nonché la consapevolezza di avere aderito alla mentalità altrui solo in maniera formale, senza alcun convincimento reale.