Dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef) emergono spunti finalmente abbastanza positivi per l’economia italiana. La crescita del PIL per quest’anno è attesa adesso al 6%, ben più del 4,5% dell’obiettivo fissato nei primi mesi del 2021. Grazie a questo netto miglioramento, il deficit fiscale scenderebbe dall’11,8% del PIL atteso precedentemente al 9,5%. E giù anche il rapporto tra debito pubblico e PIL dal 155,8% al 153,5%.

Le buone notizie travalicano l’anno in corso. Nel 2022, il PIL segnerà +4,7%, rallentando a un pur ottimo 2,8% nel 2023 e all’1,9% nel 2024.

Nel frattempo, già dal prossimo anno il rapporto tra debito e PIL scenderà sotto il 150%, mentre il deficit tenderà al 3% nel 2024, per l’esattezza al 3,3%.

Dunque, la maggiore crescita dell’economia italiana già sta comportando un minore disavanzo dei conti pubblici. E grazie a ciò, il premier Mario Draghi sostiene che si stiano creando le condizioni per liberare risorse aggiuntive pari a 18 miliardi all’anno (1% del PIL) nel 2022 e nel biennio successivo. Questi numeri consentiranno con ogni probabilità al governo di approvare una riforma fiscale più incisiva di quella ventilata in questi mesi sulla base di risorse disponibili ipotizzate per soli 3 miliardi.

Crescita futura sostenuta dal Recovery Fund

Il sollievo per i conti pubblici arriverà in parte anche dall’accelerazione dell’inflazione, attesa all’1,5% nel 2021 e attesa in accelerazione all’1,6% nel 2022. Essa “gonfia” i redditi nominali e sostiene le entrate fiscali, al contempo aumentando anche il PIL che sta alla base del rapporto con il debito pubblico. Ad ogni modo, il NaDef ci dimostra come un po’ più di crescita porti a un minore grado di indebitamento. L’importante è tenere i piedi per terra. In primis, perché cresciamo del 6% dopo il -8,9% del 2020. Secondariamente, perché questo alto ritmo è sostenuto anche da un deficit alle stelle.

In questo quadro che volge al positivo s’inserisce il Recovery Fund con i suoi 191,5 miliardi di euro di risorse aggiuntive che arriveranno dall’Europa.

Si tratta perlopiù di soldi italiani, dato che i 127 miliardi di prestiti dovranno essere restituiti e i circa 65 miliardi di sussidi saranno finanziati per 45 miliardi dalle stesse erogazioni dell’Italia. Tuttavia, rileva il fatto che tali debiti non siano contratti direttamente dal nostro Tesoro, dovendo passare per Bruxelles. Saranno prestiti e aiuti condizionati alla realizzazione di numerose riforme e coperti dall’ombrello comunitario, un fatto che per i mercati assume estrema rilevanza.

L’impatto del Recovery Fund sulla crescita dell’economia italiana sarà a lungo termine, migliorando il potenziale produttivo, grazie ai progressi sul piano degli investimenti pubblici, della digitalizzazione e della sburocratizzazione. Questa è la vera scommessa del Bel Paese, tornare a crescere a ritmi più veloci dopo la pandemia. Il solo rimbalzo seguito al crollo dello scorso anno sarebbe appena sufficiente a farci tornare ai livelli di PIL pre-Covid, ma ancora più indebitati. E non sarebbe di alcuna soddisfazione, dato che già prima della pandemia l’economia italiana era alle prese con una stagnazione secolare.

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