Prezzi del petrolio in calo verticale oggi, dopo che sono stati diramati i dati sull’offerta in Libia, paese membro dell’OPEC, dove la produzione è salita alla media di 827.000 barili al giorno la settimana scorsa, superando il picco triennale di 800.000 barili, toccato nella prima metà di maggio. Si consideri che quest’anno, la produzione media nel paese nordafricano risulta già cresciuta a mezzo milione di barili al giorno, quando lo scorso anno si era fermata a 300.000. Libia e Nigeria sono esentate dall’accordo interno al cartello per il taglio della produzione, mentre l’Iran deve limitarsi ad osservare un tetto massimo prefissato di 3,8 milioni di barili al giorno.

Al momento, le quotazioni del Brent precipitano del 3,84% a 49,85 dollari, quelle del Wti americano del 3,48% a 47,93 dollari. Su base mensile, stiamo assistendo a un calo del 4%, segno che nemmeno l’estensione dell’accordo di novembre per altri nove mesi starebbe convincendo il mercato sulla congruità delle mosse dell’OPEC per prosciugare l’eccesso di offerta. (Leggi anche: Accordo OPEC non scalda quotazioni petrolio)

Boom dell’offerta negli USA

Cinque anni fa, prima che esplodessero i tumulti tra fazioni opposte per il controllo del governo nazionale, la produzione giornaliera di petrolio in Libia si attestava sugli 1,4 milioni di barili, ragione per cui il mercato teme che Tripoli possa almeno parzialmente annullare gli sforzi del cartello per ridurre l’offerta globale, incrementando la propria quota di diverse centinaia di migliaia di barili.

Per non parlare degli USA, dove è vero che l’arrivo imminente della “driving season” stia rafforzando i consumi petroliferi, facendo scendere le scorte per l’ottava settimana consecutiva (-2,8 milioni di barili le attese per la scorsa settimana), ma queste restano a livelli più elevati di quasi 11 milioni di barili rispetto a quelli già alti dello scorso anno di questo periodo, corrispondenti a circa 56 giorni di consumi americani.

(Leggi anche: Petrolio, nuovo crollo quotazioni possibile: vediamo perché e quando)

USA minacciano accordo OPEC

La produzione USA è salita nel frattempo a 9,32 milioni di barili al giorno, in crescita del 6,3% quest’anno e ai massimi da agosto 2015, segnalando una veloce reattività delle estrazioni di “shale” alla ripresa dei prezzi, come dimostra anche l’impennata dei pozzi attivi sul territorio americano, saliti a 722 dai 536 di fine 2016, ovvero crescendo di 197 unità in meno di 5 mesi, pari a un +37,7%.

Il mercato vorrà verificare il trend, prima di tornare a scommettere al rialzo. Se gli USA estraggono sempre più e così anche parte della stessa OPEC, non basteranno neppure i -1,8 milioni di barili al giorno concordati all’interno del cartello e tra di esso e vari produttori esterni come la Russia per riequilibrare domanda e offerta globale. Anche perché più i prezzi restano bassi e maggiore sarà la pazienza persa dai sauditi, che non vogliono certo sacrificare quote di mercato in favore della concorrenza. (Leggi anche: Petrolio e dollaro, il grafico che inchioda le quotazioni)