Si chiama Joe Manchin, è senatore democratico della Virginia e ha appena affossato il piano del presidente Joe Biden da 1.750 miliardi di dollari con il suo “no” pronunciato nel corso di un’intervista rilasciata a Fox News. Il “Build Back Better” (Ricostruire Meglio) non avrà così i voti sufficienti per passare al Senato, dove la maggioranza democratica si regge già sul filo di lana.

Che cos’è questo piano Biden? Un programma sociale che punta ad abbattere la povertà, tra cui infantile, nonché a riconvertire l’economia nel senso più “green”.

Manchin aveva già espresso contrarietà ad approvare misure superiori a 1.500 miliardi in 10 anni. E così, la Casa Bianca dovette ridurre le sue ambizioni dai 3.500 miliardi iniziali. L’ultimo testo consisteva in 1.750 miliardi, ma il senatore ha continuato ad eccepire che sarebbe stato sbagliato approvarlo in deficit, lamentando scarsa attenzione del suo partito per i conti pubblici e l’inflazione.

Niente piano Biden, c’entra l’inflazione

Ed è proprio quest’ultima ad avere acceso i fari sul piano Biden. Con un’economia americana già ripresasi del tutto dalla pandemia e con un’inflazione al 6,8%, ai massimi dal 1982, non sarebbe stato affatto opportuno gettare altra benzina sul fuoco. Le misure avrebbero sostenuto i consumi interni, ma anche la crescita ulteriore dei prezzi al consumo, spingendo la Federal Reserve ad alzare i tassi più velocemente di quanto sinora atteso.

L’intera economia mondiale può tirare per il momento un sospiro di sollievo. La bocciatura del piano Biden allenta le pressioni sulle materie prime ed evita di aggravare anche in Europa il problema dell’inflazione. E’ probabile che i democratici riescano a strappare un’intesa a Manchin, ma ciò avverrebbe o con un programma di spesa meno ambizioso e/o con misure compensative per minimizzare l’impatto sul deficit. In questo secondo caso, significherebbe tagli ad altre voci di spesa e/o aumenti delle tasse.

In entrambi i casi, il rischio inflazione verrebbe parzialmente meno.

I democratici sostengono, invece, che il piano Biden avrebbe aumentato i redditi dei più poveri, riducendo negli anni l’inflazione. Comunque sia, di tutto avremmo avuto bisogno in questa fase, fuorché di domanda aggiuntiva e capace di surriscaldare ulteriormente i prezzi al consumo. Certo, per contro l’affossamento concorre ad aumentare le incertezze sull’economia mondiale in piena quarta ondata di Covid. Non a caso, ieri le borse hanno reagito male alla notizia, mentre i rendimenti sovrani sono scesi. Il BTp a 10 anni offriva meno dello 0,90% per la prima volta dopo due settimane.

Bundesbank, arriva il nuovo governatore

A dire il vero, un’altra notizia si è aggiunta all’inizio di questa settimana: la nomina del nuovo governatore della Bundesbank, Joachim Nagel. L’attuale dirigente della Banca dei Regolamenti Internazionali, 55 anni, rimpiazzerà il dimissionario Jens Weidmann dalla fine di questo mese. Considerato vicino al cancelliere Olaf Scholz, dovrebbe procrastinare la linea di politica monetaria del predecessore. Delusione per Isabel Schnabel, attuale consigliere esecutivo del board BCE e più “colomba” rispetto al prossimo governatore tedesco.

La nomina di Nagel confermerebbe l’attenzione della Germania sull’inflazione. Scholz ha così voluto dare equilibrio alla rappresentanza tedesca a Francoforte: un “falco” e una “colomba” per decidere le prossime mosse su stimoli monetari e tassi assieme al resto del board. Se vogliamo, anche questa è una buona notizia per quanti sperano nel contenimento dell’inflazione. Un governatore della Bundesbank troppo accondiscendente con la linea della BCE avrebbe finito forse per surriscaldare le aspettative del mercato, facendo deragliare le economie dell’Eurozona ancora di più dal binario della stabilità dei prezzi.

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