Dopo molti anni di assenza, l’inflazione è tornata in Italia. A novembre, il dato è salito al 3,7% su base annua, ai massimi da settembre 2008. L’aumento dei prezzi è stato trainato dai beni energetici (+30,7%). Il caro bollette di questi mesi e che ci attenderà ancora di più nei prossimi allarma il governo, che ha aumentato le risorse a favore delle famiglie, prevedendo al contempo la rateizzazione fino a 10 mensilità per le aziende in difficoltà.

L’inflazione è una brutta bestia con cui abbiamo convissuto per diversi decenni.

Negli anni Settanta e Ottanta, l’aumento dei prezzi a doppia cifra era un fatto normale. Solo per farvi capire quale impatto questo fenomeno ha sulle nostre vite, eccovi un esempio: se un’auto nuova di media cilindrata oggi costasse 15.000 euro e il suo prezzo crescesse del 2% all’anno per 10 anni, nel 2031 salirebbe a circa 18.300 euro. Se il prezzo salisse in media del 10%, nel 2031 sfiorerebbe i 40.000 euro. E già al 5% si porterebbe a quasi 24.500 euro. A meno che gli stipendi non si adeguassero in toto, nel secondo caso molti di noi non sarebbero in grado di cambiare l’auto, nel terzo lo faremmo a fatica.

La difesa dall’inflazione

Dall’inflazione, però, ci si può difendere fino a un certo punto. Anzitutto, alzando i tacchi. Quando i prezzi rincarano, il consumatore deve muoversi di più per scegliere il punto vendita più conveniente per fare acquisti. Certo, anche questo ha un costo, oltre a richiedere dispendio di tempo ed energie. Entro certo limiti, tuttavia, è la migliore opzione che abbiamo in mano per minimizzare il rischio di finire vittima di rincari speculativi. Un aumento dei prezzi generalizzato ed elevato accresce i margini delle imprese commerciali in fase di fissazione dei listini. Solo confrontando questi ultimi tra più concorrenti si può scegliere bene.

Altra difesa può consistere nel preferire le filiere corte.

Non è sempre possibile comprare beni direttamente dal produttore, ma per quel che possiamo, dovremmo prediligere tale opzione, nonché per i generi alimentari i km zero. La vicinanza dei luoghi di produzione a quelli di consumo in quest’ultimo caso tende a minimizzare i costi, con effetti benefici sui risparmi. Ed evitiamo il più possibile quello che gli inglesi definiscono il “panic hoarding”, cioè gli acquisti dettati dalla paura di restarne a corto o nella speranza di evitare futuri rincari. Se tutti svuotiamo gli scaffali, come nei primi tempi della pandemia, l’unico risultato è di accelerare la crescita dei prezzi.

Meno cash e investimenti giusti

E sfruttiamo al massimo le possibili sostituzioni: rincara il burro? Usiamo più olio o margarina. La carne rossa costa parecchio di più? Consumiamo più carne bianca. In questo modo, il nostro paniere subirà una stangata un po’ meno forte. A proposito, l’inflazione non è per tutti uguale proprio per la differenza tra un paniere e un altro. Se il prezzo delle arance esplode e io non mangio arance o crescono nell’orto dietro casa, a me non comporta nulla di negativo. Se la benzina è alle stelle ed io non ho un’auto, il problema mi riguarda poco, se non marginalmente come eventuale fruitore di mezzi pubblici, il cui biglietto prima o poi rincarerà per coprire l’aumento del carburante.

Infine, c’è la questione risparmi. Con l’inflazione alta, “cash is trash”. Tenersi liquidi significa assistere passivamente al deprezzamento dei propri sacrifici. Se abbiamo in banca 10.000 euro, con un’inflazione al 4% dopo un anno è come se perdessimo 400 euro. Dopo 5 anni, avremmo un minore potere d’acquisto di circa 2.170 euro. Gli investimenti che solitamente difendono dall’inflazione sono quelli azionari. Nel lungo periodo, non tradiscono, almeno sui mercati principali. Preferibile affidarsi agli ETF, fondi dalla gestione passiva e con costi di gestione molto contenuti.

Per non parlare dell’oro, un asset salvifico da migliaia di anni. E anche le obbligazioni indicizzate all’inflazione ci consentono di ottenere un minimo rendimento reale, a fronte di rischi contenuti. L’unica opzione che non possiamo permetterci è di restare inerti.

[email protected]