Sono passati quindici mesi pieni da quando è nato il governo di centro-destra guidato dalla prima donna nella storia d’Italia. L’ingresso a Palazzo Chigi per la premier Giorgia Meloni non fu tra i più facili. Era non solo la prima volta per il gentil sesso, ma anche per una persona dichiaratamente di destra nella storia repubblicana. E c’erano i mercati finanziari da non mandare nel panico con una qualche dichiarazione estemporanea o un atto giudicato controverso. Prova ne fu che per settimane vi fu un pesante pressing sull’allora consigliere esecutivo alla Banca Centrale Europea, Fabio Panetta, al fine di fargli accettare la carica di ministro dell’Economia.

Gentilmente declinata.

Oggi, però, è tutta un’altra storia. E già da parecchi mesi. Sin dal suo debutto Meloni ha saputo ispirare fiducia sui mercati con una politica fiscale prudente e tenendo buoni rapporti con le cancellerie occidentali, nonché con la Commissione europea. Il suo atlantismo le è valso il sostegno convinto degli Stati Uniti da una parte e dell’Unione Europea dall’altro. Le premesse di fuochi e fiamme a Bruxelles contro una leadership italiana dal retaggio “euroscettico” sono state smentite quasi immediatamente.

Numeri a favore del governo

I numeri danno concretezza a quella fiducia accordata dai mercati al governo Meloni. Anzitutto, da quando ha messo piede a Palazzo Chigi c’è stato un aumento di oltre mezzo milione di posti di lavoro (+509 mila unità). Il tasso di occupazione è salito dal 60,5% al nuovo record del 61,9%. Viceversa, l’inflazione è crollata dall’apice dell’11,9% a cui era arrivata proprio nell’ottobre del 2022 allo 0,8% stimato per gennaio. I prezzi al consumo in questi quindici mesi risultano essere cresciuti soltanto dell’1,50%.

Nel frattempo, le famiglie hanno acquistato più di 145 miliardi di euro di titoli di stato, portando la loro quota sul totale al 13,5%. In valore assoluto, detenevano oltre 322,3 miliardi ad ottobre dello scorso anno.

E dopo un periodo di fuga, gli investitori stranieri sono tornati. Nel primo anno di governo Meloni hanno acquistato altri 22 miliardi netti di BTp, salendo a 656,7 miliardi. Questo ha consentito allo spread di ridursi di 80 punti base rispetto al giorno in cui Meloni fu incaricata di formare il nuovo governo. Si è contratto a 155 punti, ai minimi dalla primavera del 2022.

E la bilancia commerciale è tornata in attivo grazie al crollo dei prezzi dell’energia dopo il boom del 2022. Le esportazioni nette sono passate da -34 miliardi a +20,7 miliardi. Sono un driver primario per la crescita economica. E le entrate fiscali, sulle quali si addensavano nubi fino all’estate scorsa? Nei primi dieci mesi del 2023 sono cresciute del 5,8%, qualcosa come oltre 23 miliardi. Considerata una crescita nominale del PIL attesa intorno al 4,5%, sono andate meglio delle previsioni. Il gettito fiscale continua a migliorare.

Mercati accordano fiducia a Meloni

Non stupisce, quindi, che con Meloni premier la borsa italiana abbia messo a segno sinora un guadagno di quasi il 43%. E nel 2023 Piazza Affari è risultata la principale borsa mondiale per crescita dopo l’indice Nasdaq 100, segnando un +28%. Tutti numeri che rappresentano punti di forza del governo italiano, anche se non vanno mitizzati. Dall’ottobre del 2022 la produzione industriale è arretrata del 3,2%, mentre il debito pubblico è salito in tredici mesi di oltre 89 miliardi e probabilmente già di un centinaio di miliardi con le emissioni nette di dicembre e gennaio. Quanto alla crescita del PIL, meglio della media nell’Eurozona, ma pur sempre appena un +0,7%.

Dal 26 febbraio debutta il BTp Valore con scadenza nel marzo del 2030. Sarà l’occasione per valutare il grado di appeal che ancora riscuotono i titoli di stato italiani tra le famiglie. Bisogna ammettere che sinora il governo abbia vinto la scommessa, avendo attirato più di 50 miliardi solo con le emissioni esclusivamente retail durante questi quindici mesi.

Un segnale importante per i mercati, che notano una crescente fiducia degli stessi italiani verso il loro debito pubblico. Gli investitori ragionano in modo molto più spicciolo di quanto pensiamo. Osservano occupazione in crescita, inflazione in calo, maggiori entrate, ripresa delle esportazioni e corsa casalinga ai BTp. Giustamente, si chiedono per quale ragione bisognerebbe continuare a restare alla finestra.

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