Questa settimana, il Tesoro ha raccolto 27 miliardi di euro attraverso l’emissione di titoli di stato, di cui due in asta e altrettanti grazie a un collocamento sindacato. E il successo per i BTp è stato eclatante proprio per quest’ultimo. A fronte dei 15 miliardi offerti, la domanda ha superato i 155 miliardi. Si è trattato del nuovo BTp a 7 anni, scadenza 7 febbraio 2031 e cedola 2,95% (ISIN: IT0005580094) e della riapertura del BTp a 30 anni, scadenza 1 ottobre 2053 e cedola 4,50% (ISIN: IT0005534141). Il primo è stato offerto per 10 miliardi contro richieste per 75 miliardi; il secondo per 5 miliardi contro circa 80 richiesti.

Ordini record e forte interesse per BTp 30 anni

Non era mai accaduto che l’Italia avesse registrato ordini così elevati in un solo colpo. Un record, che si è avuto negli stessi giorni sia in Spagna che Belgio, pur con numeri inferiori. Il successo dei BTp si deve per tre ragioni. La prima l’abbiamo già detta e riguarda il volume altissimo degli ordini. La seconda ha a che vedere con l’alto interesse mostrato dal mercato per la scadenza trentennale.

I titoli di stato a lunghissimo termine vengono sempre guardati con un pizzico di prudenza. Sono esposti al rischio tassi, per cui possono costringere gli investitori o a tenerli in portafoglio oltre il tempo desiderato o a subire perdite in conto capitale. Il fatto che il mercato abbia richiesto oltre 80 miliardi per il BTp a 30 anni, oltretutto emesso da uno stato relativamente più esposto al rischio di credito, è qualcosa che deve essere valutato molto positivamente.

Successo BTp tra investitori stranieri

Anche perché la parte del leone l’hanno fatta gli investitori stranieri, teoricamente i più restii a legarsi al rischio Italia. Invece, da loro sono arrivate richieste per 122 dei 155 miliardi, quasi l’80% del totale. Nel dettaglio, il BTp a 7 anni ha attirato ordini dall’estero per circa 60,5 miliardi e il BTp a 30 anni per oltre 61 miliardi, rispettivamente all’80,7% e al 76,6%.

Un segnale così positivo, che lo spread ha chiuso la settimana delle contrattazioni sotto 160 punti base e il rendimento decennale sotto il 3,75%.

Innegabile che la voglia d’Italia all’estero ci sia. I nostri rendimenti restano i più alti nell’Eurozona, mentre i CDS a 5 anni segnalano un calo del rischio sovrano percepito. Non ha molto senso tenersi alla larga dai BTp con il taglio dei tassi di interesse atteso per i prossimi mesi. L’allentamento monetario da parte della Banca Centrale Europea riduce il costo di emissione del debito pubblico, migliorando i conti dello stato sul fronte della spesa per interessi. In pratica, il debito diventa un po’ più sostenibile, ergo anche meno rischioso.

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