Svendere il Monte Paschi o cercare di mantenere quanto più intatto possibile l’istituto senese? E chi paga nell’uno o nell’altro caso? Il PD è finito nei guai. E ancora una volta per la sua commistione con le banche. L’affare MPS agita gli animi al Nazareno. Il segretario Enrico Letta si candida proprio a Siena per ereditare il seggio alla Camera lasciato vacante dall’ex ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, da pochi mesi presidente di Unicredit. Un intreccio di poltrone imbarazzante e potenzialmente fatale per i protagonisti in politica.

Padoan sta orchestrando l’acquisizione di MPS praticamente a prezzi stracciati, dopo essere stato il regista della sua nazionalizzazione nel 2017. Lo “spezzatino” della banca, con gli asset redditizi ceduti a Unicredit e quelli a rischio o in perdita rimanenti in capo al vecchio Monte, non piace al territorio di Siena. MPS non è solo la banca più antica del mondo ad oggi in attività, ma un sistema economico-finanziario attorno al quale si è consolidato un potere politico forte e che continua a controllare la “rossa” Toscana.

Affare MPS, interessi in gioco

Non è un caso che il PD locale, infischiandosene delle posizioni dei vertici nazionali, abbia espressamente ribadito contrarietà alla cessione di Unicredit a queste condizioni da saldi di fine stagione. E’ intervenuto persino il governatore Eugenio Giani per appellarsi al governo, affinché non corra a vendere MPS. Qualunque cosa deciderà Letta, non sarà facile e dall’esito scontato. Se accetta la “svendita” a Unicredit, non solo indisporrà il PD locale, ma rischia di privarlo di quella forza elettorale con cui da decenni amministra la Toscana incontrastato.

D’altra parte, se rifiutasse l’operazione Unicredit, si ritroverebbe con una banca ancora più nei guai finanziari di quanto non lo sia già, costringendo il governo Draghi di cui fa parte a sborsare ulteriori denari pubblici per evitarne il crac.

I riflettori pubblici rimarrebbero accesi sull’affare MPS per mesi e il segretario ripercorrerebbe l’incubo che visse lungo tutto il 2016 il suo successore a Palazzo Chigi e avversario interno, Matteo Renzi. Fu sulle banche che il fiorentino (altro toscano, per uno scherzo del destino) si giocò la premiership prima e la leadership del PD successivamente. Perse il referendum costituzionale e 15 mesi dopo le elezioni politiche.

Letta non può opporsi all’operazione Unicredit, anche perché smentirebbe il suo candidato a sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che da ministro dell’Economia tra il 2019 e inizio 2021 nei fatti si prodigò perché Piazza Gae Aulenti rilevasse MPS. Per non parlare del conflitto che si aprirebbe con un altro ex ministro del PD e oggi banchiere, cioè proprio Padoan. Ma la “svendita” costerà qualche decina di miliardi di euro dei contribuenti. Il tema peserà in campagna elettorale, sebbene la decisione del centro-destra di non schierargli contro l’attuale sindaco senese Luigi De Mossi dovrebbe garantirgli comunque la vittoria per tornare in Parlamento.

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