La London Bullion Market Association (LBMA) sta facendo pressione sull’Unione Europea, affinché cambi l’approccio sin qui seguito dalle regole contenute nella cosiddetta Basilea III e che inseriscono l’oro tra le “commodities” che le banche devono coprire per evitare carenze di liquidità nel breve termine. La nuova disciplina internazionale, che entrerà in vigore dall’aprile 2021, prevede che gli acquisti da parte delle banche di assets soggetti a movimenti dei prezzi debbano essere coperti da risorse di pari valore, anche note come “net stable funding ratio” (NSFR).

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Tuttavia, l’authority bancaria europea (EBA), ha annunciato a gennaio che rivedrà la sua posizione sui metalli preziosi, al fine di valutare se essi si prestino bene ad essere inseriti tra gli assets da coprire. Ma il responso è atteso proprio per l’aprile 2021 e anche qualora fosse favorevole al metallo, cioè lo depennasse dalla suddetta lista, sarebbe troppo tardi per evitare la mazzata alle banche. In pratica, esse sarebbero costrette ad accantonare maggiori risorse per le detenzioni anche di oro, così da non incorrere in carenze di liquidità nei successivi 12 mesi.

Oro asset molto liquido

Ma la LBMA ha esposto alcuni dati, tesi a dimostrare come l’oro non sia un asset illiquido e, quindi, non presenterebbe rischi, contrariamente agli altri assets inseriti nella lista con le future regole di Basilea III. Anzi, il suo grado di illiquidità risulta essere pari a 0,000018, nettamente più basso di quello che la stessa EBA assegna ai titoli di stato (0,059) e alle obbligazioni private (0,188). Anche le azioni risulterebbero di gran lunga meno liquide con un valore di 0,46. Questo significa che una banca, nel caso in cui avesse bisogno di liquidità, avrebbe qualche difficoltà a tramutare in cash azioni e obbligazioni, ma quasi alcuna a farlo con l’oro.

Il mercato dell’oro a Londra vale transazioni giornaliere per 25 miliardi di dollari. Solo dal novembre scorso, la LBMA dirama i dati, trattandosi di un mercato “over the counter”, cioè di compravendite realizzate tra banche e broker, ossia investitori istituzionali, riluttanti ad esibire gli acquisti o le vendite effettuati. Molto liquidi sarebbero anche l’argento (0,0002) e il platino (0,0017), a dimostrazione che quella di Basilea III sarebbe una crociata inutile e ideologica contro i metalli preziosi, beni rifugio per eccellenza proprio nelle fasi di tensione finanziaria, geopolitica ed economica.

Prezzo dell’oro a 1.400 dollari, ma il quadro resta depresso per il metallo

Le regole internazionali che debutteranno tra meno di due anni minacciano il mercato dell’oro, facendovi affluire minori acquisti da parte delle banche, almeno fino a quando esse non si saranno riposizionate, dovendo accantonare maggiori risorse a copertura delle quantità detenute di metallo, malgrado il rischio di liquidità pressoché nullo. Un pericolo, a ben vedere, che riguarda anche il comparto obbligazionario e quello azionario, con la conseguenza che le banche verrebbero stangate e i mercati finanziari incorrerebbero in situazioni di maggiore illiquidità. Obbligare gli istituti a mettere da parte risorse per coprirsi dai rischi equivale, infatti, a imporre loro un costo-opportunità, cioè farli rinunciare ai potenziali profitti derivanti dagli investimenti in assets. Per i metalli, i bond e le azioni, invece, verrebbe un po’ meno uno dei principali driver della rispettiva domanda, riducendone il grado di liquidità negli scambi; proprio il rischio contro cui si vuole che le banche si premuniscano.

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