Se c’è un effetto pratico dei crollo dei tassi, esso riguarda certamente il mercato dei mutui. Quando parliamo di tassi a zero o negativi, sembra che ci occupiamo di alta finanza, ma non è così. I dati relativi all’Eurirs alle varie scadenze di giovedì scorso ci confermano che il fenomeno dei tassi negativi clamorosamente stia finendo per contagiare anche l’intera struttura di fissazione degli interessi per determinare l’importo delle rate. Anche sui 10 anni si è scesi sottozero e per essere precisi al -0,01%.

Come sappiamo, all’Eurirs si agganciano i mutui a tasso fisso. Sino a poco tempo fa, i tassi negativi avevano riguardato solamente i mutui a tasso variabile, attraverso l’Euribor, da anni sottozero.

Il fatto che stiano contagiando anche la scadenza a 10 anni dell’Eurirs rappresenta qualcosa di molto significativo, perché è a partire da essa che generalmente vengono fissati i tassi finali dei mutui. Attenzione, ciò non significa che le banche applichino tassi negativi sui finanziamenti, cioè che vi regalino soldi, perché sappiamo che sia l’Euribor che l’Eurirs sono una base di partenza alla quale si aggiunge uno “spread” per determinare il tasso finale, quello che effettivamente incide sulla rata. E da qualche tempo, fiutando il rischio, le banche si sono premurate nel mettere nero su bianco sui nuovi contratti che il tasso finale non potrà mai scendere sottozero (e ci mancherebbe!), cioè nemmeno se la somma tra Euribor/Eurirs + spread esitasse una percentuale negativa.

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Nell’ultimo mese, comunque, i mutui a tasso fisso si stanno mostrando sempre più convenienti, con l’Eurirs a 10 anni ad essersi ridotto di 16 punti base o 0,16%, quello a 20 anni dello 0,21% e a 30 anni dello 0,22%, toccando in ogni caso nuovi minimi storici.

E siamo fermi al giovedì, prima che la tempesta sui mercati provocata dall’annuncio di dazi americani sulle merci cinesi non colpisse ulteriormente i rendimenti di tutto il mondo, con quelli tedeschi scesi in territorio negativo lungo l’intera curva delle scadenze.

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Quanto all’Euribor, a cui si agganciano i mutui a tasso variabile, sempre giovedì aveva registrato un discreto aumento per via della delusione sui mercati seguita al taglio dei tassi poco convinto della Federal Reserve. Di fatto, i rendimenti a breve dei bond erano risaliti subito dopo, scontando una politica monetaria americana meno accomodante delle attese. Ma è già preistoria, perché come vi abbiamo spiegato, con la mossa di Donald Trump sui tassi, il quadro si è evoluto drasticamente nelle ore seguenti e da domani avremo i numeri per capire quale sia stato l’impatto sui tassi di mercato nell’Eurozona, che presumiamo essere scesi verso ennesimi minimi storici su tutte le scadenze.

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La festa per i mutuatari non è affatto finita. Chi avesse contratto mutui a tasso variabile potrà continuare a dormire sonni tranquilli per il breve e medio termine, anzi potrà confidare in una rata ancora più leggera. Chi, invece, avesse di recente optato per un mutuo a tasso fisso avrà sempre a disposizione l’arma della surroga nel caso in cui la differenza tra il tasso pagato e quello che pagherebbe alle nuove (migliori) condizioni del mercato si facesse consistente. E’ quanto accaduto fino al 2016, quando i tassi di mercato crollarono. E abbiamo tutta la sensazione che molto presto torneremo a sentire di corsa di massa verso la surroga dei mutui.

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