Silvio Berlusconi è venuto a mancare lunedì 12 giugno all’età di 86 anni. I suoi funerali sono stati celebrati alla Cattedrale di Milano esattamente una settimana fa. La morte del Cavaliere ed ex premier continua a suscitare emozioni opposte nel Paese. C’è chi lo ha amato e chi lo ha odiato con tutte le sue forze. L’unica certezza è che Forza Italia vive il momento più difficile, per non parlare di vera e propria crisi d’identità. Nata nel 1993 con le prime elezioni politiche della Seconda Repubblica, è stato un movimento personale, leaderistico, fortemente incentrato sulla persona del suo fondatore.

Sappiamo che tra vicissitudini politico-giudiziarie e problemi di salute, da anni Forza Italia non sta bene. Appannata dall’ascesa dei partiti alleati e dalla perdita di centralità del leader, è scesa fino a circa il 7% assegnato dai sondaggi prima della scomparsa di Berlusconi. E questa può avere conseguenze visibili sul programma di governo.

Forza Italia sgomenta dopo perdita del leader

Il centro-destra è tornato maggioranza in Parlamento dal settembre scorso, quando ha vinto le elezioni politiche dopo quasi quindici anni. Tre i partiti principali che lo compongono: Fratelli d’Italia, Lega e per l’appunto Forza Italia. Ognuno ha i propri cavalli di battaglia identitari che lo contraddistinguono senza minacciare i consensi dei partiti alleati. Sicurezza e rilancio dell’economia con il taglio delle tasse per il partito della premier Giorgia Meloni; sempre sicurezza, con particolare accento posto alla lotta all’immigrazione clandestina, nonché flat tax e autonomia differenziata per la Lega di Matteo Salvini. E Forza Italia?

Il movimento fondato dall’ex premier è stato conosciuto per decenni come quello contro le tasse alte, per la lotta alla burocrazia e la libertà d’impresa. Nell’ultimo decennio, questo profilo liberale ne è uscito molto affievolito. In parte è stato dovuto al ridimensionamento degli obiettivi elettorali da parte del fondatore.

Resta il fatto che Forza Italia continua ad essere oggi un partito ostile alle tasse alte, favorevole alla flat tax, alla sburocratizzazione della Pubblica Amministrazione, a fianco ad altre proposte apparentemente meno legate alla sua storia. Vedremo quali.

Dobbiamo premettere che, contrariamente a quanto molti di noi immaginano, Meloni non desidera affatto l’implosione di Forza Italia. Gli “azzurri” contano 45 deputati e 18 senatori. In tutto, 63 parlamentari su 600. Una pattuglia che non solo si rivela determinante per la maggioranza di centro-destra, ma che serve a garantire gli equilibri interni e le relazioni tra la premier e il PPE, la grande famiglia dei popolari che guardano sempre più a destra negli ultimi tempi. A Meloni conviene che Forza Italia conservi grosso modo i suoi consensi, senza che li aumenti e né che li perda eccessivamente. Insomma, lo status quo. Teme altrimenti la fuga di senatori e deputati orfani di Berlusconi in favore di partiti esterni alla coalizione. Sarebbe una minaccia per il governo.

Programma di governo, punti-chiave del berlusconismo

Come impedire che ciò accada? Attuare il programma di governo dando risalto già nei prossimi mesi ad alcuni punti chiave delle promesse forziste. Una di esse è l’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro al mese. Non è possibile tutto e subito. Si parla di aumentare gli assegni già dal 2024 a 700 euro per gli over 75 e di arrivare alla fine della legislatura proprio ai 1.000 euro ambiti dall’ex premier. Sarebbe una misura dal forte impatto mediatico, capace di tenere vivo il ricordo del Cavaliere e di contenere eventuali perdite di consensi per Forza Italia. Le pensioni minime per tutti gli altri salirebbero nei pressi dei 615 euro al mese l’anno prossimo.

Al primo Consiglio dei ministri dopo la morte di Berlusconi è stata approvata l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Una misura anch’essa cara all’ex premier, perché favorirebbe l’azione amministrativa di sindaci e governatori.

Tutti sono paralizzati oggi dalla paura di firmare un atto per cui rischiano di rispondere in tribunale. Il risultato è lo stallo della burocrazia locale. Non a caso, concordano persino gli amministratori del Partito Democratico. In generale, il ministro Carlo Nordio ha avviato una riforma della giustizia all’insegna di maggiori garanzie a favore dell’imputato. Tra l’altro, sarebbero vietate le intercettazioni relative a soggetti non indagati e per fatti che non costituiscono reato.

Infine, il taglio delle tasse. La flat tax come chiede Salvini non è possibile per questa fase di ristrettezze dei conti pubblici. Si parla di tredicesima detassata e di rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale dopo averlo potenziato già da questo luglio. Tutte misure che uniscono il centro-destra e che risultano care all’elettorato di Forza Italia. Se i sondaggi nei prossimi mesi confermeranno i consensi attorno al 6-7%, la necessità per i parlamentari di trovarsi una nuova casacca non ci sarebbe. Con quei numeri sarebbero rieletti eventualmente restando nel partito. E la maggioranza rimarrebbe stabile. In attesa che forse Meloni avalli una fusione tra Fratelli d’Italia e gli “azzurri”, un modo per ingraziarsi il PPE e porsi al centro delle alleanze a Bruxelles.

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