Cambia, dopo il decreto semplificazioni (decreto-legge n. 76 del 2020) il reato di “abuso d’ufficio” di cui all’art. 323 del codice penale. La modifica, in sintesi, riguarda l’elemento oggettivo della fattispecie, ossia la tipologia di violazioni, da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni, che determina l’integrazione del delitto stesso.

La normativa previgente per il reato di abuso d’ufficio

Il reato di abuso d’ufficio è quello previsto con l’art. 323 del codice penale, dove testualmente, nella formulazione antecedente le modifiche di cui al decreto semplificazioni si leggeva quanto segue

“Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità “.

Dunque, in base alla predetta formulazione, affinché si configuri il reato di abuso d’ufficio è necessario che si verifichino due eventi alternativi, ossia:

  • un ingiusto vantaggio patrimoniale, che il pubblico ufficiale procura a sé o ad altri;
  • oppure un danno ingiusto arrecato a qualcuno.

È inoltre necessario che l’autore si rappresenti e voglia comportarsi in questo modo e che gli eventi sopracitati siano messi in atto con intenzione “dolosa”.

Il reato di abuso d’ufficio dopo le novità

Dopo le modifiche apportate con il decreto semplificazioni, il testo della norma cambia leggermente. Nel dettaglio, a seguito delle novità l’art.

323 del codice penale prevede questa formulazione:

“Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.

Due, dunque, sono le novità: da un lato non sono più sanzionati sul piano penale comportamenti trasgressivi di “regolamento”, ma verranno sanzionati penalmente solo violazioni di “specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti avente forza di legge”; dall’altro lato viene prevista un’ulteriore condizione per la configurazione del delitto ossia che le regole di condotta violate dal pubblico ufficiale non prevedano margini di discrezionalità in sede di applicazione.