Se non passa più giorno senza che l’oro segni un ennesimo record, cosa ci sarebbe di meglio che emettere una nuova moneta garantita dal metallo giallo? E’ quello che avrà pensato il governatore della Reserve Bank of Zimbabwe, John Mushayavanhu, che nei giorni scorsi ha annunciato l’emissione di ZiG, sigla che sta per “Zim Gold” o “Zimbabwe Gold-backed Currency”. Si tratta di una nuova moneta sostenuta interamente dalle riserve auree. I 16 milioni di abitanti dello stato sudafricano avranno tempo fino a 21 giorni per effettuare la conversione con l’attuale valuta legale, lo Zim dollar Real Time Gross Settlement.

Moneta garantita da oro in 8 tagli differenti

La moneta legata all’oro sarà offerta in otto tagli da 1 a 200 dollari. Ci saranno anche le monetine in metallo per sopperire alle difficoltà di questi mesi nel restituire i piccoli resti, sempre più spesso rimpiazzati da cioccolatini e caramelle. Ma forse è il caso di capire cosa stia accadendo in questa economia emergente di cui si parla poco in Italia, ma che ha alle spalle una storia pluridecennale a dir poco scioccante.

Zimbabawe e l'iperinflazione

Zimbabawe e l’iperinflazione © Licenza Creative Commons

Triste ricordo dell’iperinflazione

In Zimbabwe l’inflazione a marzo è salita al 55,3%, ai massimi da fine 2022. Nell’anno della pandemia, però, visse di peggio. La crescita dei prezzi sfiorò l’800%. Ed è meno di nulla rispetto al 2008-’09, un periodo tristemente noto per l’iperinflazione. I prezzi esplodevano di ora in ora come nella Repubblica di Weimar. La banca centrale arrivò a stampare una banconota da 100 mila miliardi di dollari locali. Un pezzo di antiquariato oggi, ma che non riscuote alcun interesse artistico in un paese ancora devastato da tale esperienza.

Ritorno sgradito alla sovranità monetaria

L’emissione di questa nuova moneta legata all’oro arriva dopo appena cinque anni di vita del nuovo dollaro Zim.

Infatti, dopo l’iperinflazione la banca centrale smise di stampare banconote e di coniare monetine di metallo. I cittadini non si fidavano e scambiavano tra di loro e con l’estero in dollari Usa, euro, sterline, yuan, yen, rupie e rand sudafricani. Fu così fino al 2016 quando il governo volle testare il ritorno alla sovranità monetaria con i “bond note”. In teoria, i biglietti avevano un valore esattamente uguale al dollaro Usa. Subito dopo la loro emissione, sul mercato cedettero di un terzo. E le cose andarono successivamente anche peggio.

I cittadini dello Zimbabwe non si fidarono né dell’allora governo di Robert Mugabe, l’anziano dittatore al potere sin dall’indipendenza del 1980, né del successore Emmerson Mnangagwa. Questi nel 2019 introdusse definitivamente la moneta nazionale, vietando gli scambi in dollari Usa per un anno. A seguito del collasso del cambio, del boom dei prezzi e delle proteste, le transazioni in valuta americana tornarono ad essere consentite. E lo saranno anche con la moneta agganciata all’oro in corso di emissione. Un modo per rassicurare i cittadini sul fatto che non si ripeteranno gli errori del passato.

Il terrore della sovranità monetaria

Il terrore della sovranità monetaria © Licenza Creative Commons

Cambio azzerato e riserve auree insufficienti

Pensate che la valuta locale scambiava cinque anni fa a 3,15 contro il dollaro Usa, mentre oggi ce ne vogliono circa 30.000 al cambio ufficiale. Al mercato nero, poi, si arriva a 40.000. Una perdita di valore prossima al 100%. Sarà differente questa volta? L’aggancio della moneta all’oro costituirebbe una garanzia. La banca centrale si è impegnata a non stampare banconote in quantità superiore alle riserve auree e in valuta straniera disponibili. Il problema sta nell’assenza di fiducia dei cittadini, che temono si tratti di un ennesimo bluff.

Il governo non riesce a chiudere i bilanci in pareggio, sebbene negli ultimi anni abbia ridotto i disavanzi fiscali.

Ma quanto oro detiene? Il presidente Mnangagwa ha compiuto di recente un’ispezione all’istituto, svelando che le tonnellate ritrovate ammonterebbero a 1,1 tonnellate. Altre 1,5 tonnellate sono all’estero, a cui si aggiungono 100 milioni di dollari di valuta contante, diamanti e altri preziosi per un controvalore in oro di 0,4 tonnellate. In totale, le riserve varrebbero sui 285 milioni. Poca roba per un’economia emergente da 30 miliardi. L’unica notizia positiva è che le partite correnti sono tornate in attivo negli ultimi mesi. Questo significa che il paese è diventato competitivo, attirando più valuta estera di quanto da esso ne defluisca per gli scambi commerciali e finanziari.

Moneta garantita dall’oro, garanzia farlocca?

Tuttavia, il risultato si deve alle rimesse degli emigranti, che valgono ogni anno attorno a 1 miliardo di dollari. Senza, il saldo resterebbe negativo. Dunque, neppure la svalutazione del cambio sarebbe bastata ad oggi a rendere lo Zimbabwe un’economia competitiva. In queste condizioni, la moneta legata all’oro avrebbe vita breve. La banca centrale ne potrebbe legalmente stampare poca e ne scaturirebbe una stretta dalle conseguenze recessive. In alternativa, ne stamperebbe in eccesso, ma facendo perdere fiducia ai cittadini. I quali non a caso continueranno perlopiù a pagare in dollari Usa. La sovranità monetaria qui non è un concetto popolare, anzi c’è il terrore che il governo ne faccia l’uso con cui in passato distrusse le basi dell’economia.

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