Wuhan è stata la regione da cui si è diffuso il Covid-19, provocando un’emergenza sanitaria ed economica subito dopo nel resto del mondo. La Cina è al centro di forti tensioni diplomatiche, commerciali e finanziarie, a seguito di alcune decisioni assunte dalla Casa Bianca per reagire a presunti abusi di Pechino sul piano delle regole internazionali, oltre che per la questione spinosa di Hong Kong. In un certo senso, dati i recenti avvenimenti, ciò che accade qui viene considerato un po’ il futuro a breve che ci aspetterebbe anche in Europa.

Ne abbiamo discusso con Gianmaria Panini, a capo di ELVinvest, società con sede a Ginevra e che si occupa di investimenti immobiliare all’estero.

Prendendo spunto da recenti report di società finanziarie di livello mondiale, il fondatore ci snocciola qualche dato per segnalarci come il mercato immobiliare cinese si stia riprendendo già dalla crisi. A maggio, le vendite di superfici sono aumentate del 9,7% annuale, un dato che si confronta con il -2,1% di aprile. Certo, resta il fatto che gli investimenti siano diminuiti dello 0,3% nei primi 5 mesi dell’anno, ma dato il patatrac mondiale nel frattempo verificatosi, sembrano persino cifre incoraggianti.

E i prezzi degli immobili confermerebbero il trend positivo: nelle prime 70 città cinesi, +0,6% a giugno, che arriva dopo il +0,5% di maggio. In 61 di queste città si registra una tendenza rialzista costante. Si compravende di più e i prezzi salgono, insomma. Non è ancora il momento di tirare un sospiro di sollievo, non certo per il comparto commerciale, quello che è risultato ovunque il più colpito dai “lockdown”. Basti pensare alle dichiarazioni allarmate del sindaco di Londra, Sadiq Khan, secondo cui molte attività nella città rischiano di chiudere con la diffusione dello “smart working”.

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Rischio bolla immobiliare cinese

E c’è un rischio assai concreto in agguato, di cui suona l’allarme Deutsche Bank: la bolla immobiliare.

In pratica, tra potenti stimoli fiscali e monetari, si sono create le condizioni per far decollare il credito in Cina, con effetti d’impatto positivi per l’economia, ma nel medio-lungo termine pericolosi. I prestiti a buon mercato e più cospicui spronano le famiglie a comprare, i prezzi salgono, i costruttori investono e tutto ciò porterà a una spirale rialzista dei valori immobiliari, che generalmente finisce sempre male, ossia con lo scoppio della bolla e le pesanti esposizioni del sistema bancario verso i debiti di famiglie e costruttori.

Tra questi, le realtà più grosse stanno uscendo dalla crisi meglio di come vi erano entrate, avendo acquisito maggiori quote di mercato, liberate dalla chiusura delle attività minori e meno resistenti alle fasi avverse. E poiché il comparto immobiliare incide particolarmente sulle emissioni obbligazionarie “high yield” cinesi, le quali a loro volta pesano per circa la metà di quelle asiatiche, ci si aspetta un rinvigorimento dei contratti ad alto rischio o anche detti “spazzatura”, data l’attesa maggiore necessità delle società di finanziarsi sul mercato per accrescere gli investimenti.

Tutto bene, se non fosse che le fondamenta dell’economia cinese si mostrino meno solide di quanto pensiamo. Trattandosi di una potenza esportatrice, Pechino risentirà sia della cattiva congiuntura internazionale, sia della tendenziale chiusura delle frontiere commerciali con la Cina da parte di USA ed Europa. E non sarà né facile e né immediato mutare il driver della crescita, puntando sulla domanda interna. Il rallentamento, già in corso prima del Covid, potrebbe accentuarsi, mandando in rovina chi, come i costruttori immobiliari, stanno scommettendo sul futuro come se la crisi fosse alle spalle.

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