La campagna vaccinale ha subito una dura battuta d’arresto questa settimana, a causa della sospensione della somministrazione del vaccino AstraZeneca deciso dall’Italia, insieme a un’altra dozzina di stati europei. I principali governi comunitari si sono rimessi al parere dell’EMA, la quale ieri ha confermato la sicurezza del vaccino inglese, annunciando la revisione del foglietto informativo, in modo da contemplare ulteriori effetti collaterali emersi in fase di somministrazione e avvertendo che le indagini su una ventina di casi di trombosi mortali proseguono, per quanto il nesso con il vaccino ad oggi non sia dimostrato.

L’Italia riprende da oggi le somministrazioni di AstraZeneca, anche se bisognerà fare i conti con le migliaia di prenotazioni disdette, provocate dalla paura diffusasi in tutta Europa con la sospensione di lunedì scorso. Nelle ultime due settimane, al mercoledì 17, il numero delle somministrazioni ha subito una forte accelerazione rispetto alle due settimane precedenti, quelle che vanno dal 17 febbraio al 3 marzo. Siamo passati da una media di 113.000 a una di 170.000 al giorno. Stiamo vaccinando al ritmo quotidiano dello 0,28% della popolazione residente.

All’altro ieri, aveva ricevuto almeno una dose l’8,2% della popolazione, pari a poco meno di 5 milioni di persone. Due dosi risultavano, invece, essere state somministrate al 3,7%, cioè a 2,23 milioni di persone. Siamo lontani dai numeri di Regno Unito e USA, dove sono state somministrate dosi a copertura rispettivamente del 40% e del 34% della popolazione. Per non parlare di Israele, che svetta nel mondo con oltre il 110% e dove già più della metà degli abitanti è stata vaccinata. Tuttavia, siamo risaliti anche nel confronto con gli altri principali stati UE, attestandoci esattamente nella media.

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Ottimismo per il secondo trimestre

Numeri, che lasciano ben sperare, in vista dell’ ulteriore accelerazione alla quale punta il governo Draghi.

Da aprile, in Italia dovremo somministrare 500 mila dosi al giorno, cioè 15 milioni nell’arco di un mese. Sarebbe un salto di qualità, oltre che di quantità, rilevantissimo. Significherebbe coprire con almeno una dose tutta la fascia più a rischio della popolazione entro un solo mese e vaccinarla del tutto prima che arrivi l’estate. Ricordiamo che i richiami con AstraZeneca sono fissati dopo 12 settimane dalla prima dose, mentre con Pfizer-BioNTech dopo solo 21 giorni.

Il secondo trimestre dovrebbe portare buone notizie anche sul fronte delle vaccinazioni disponibili. Johnson & Johnson, fresco di approvazione da parte dell’EMA, ci invierebbe 7,3 milioni di dosi entro giugno e 27 milioni entro l’anno. Poiché non prevede alcun richiamo, significa che circa il 12% degli italiani sarà vaccinato solamente attraverso questa casa farmaceutica entro i prossimi tre mesi e rotti, accelerando notevolmente i ritmi.

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I problemi non mancheranno. Il danno provocato alla fiducia verso AstraZeneca appare irrimediabilmente compromesso. Sarà dura convincere gli over 70 e categorie come gli insegnanti a sottoporsi al vaccino inglese. Governi e agenzie nazionali del farmaco hanno pasticciato e adesso pretendono che i cittadini li seguano a distanza di pochissimi giorni dopo avere esternato dubbi sull’affidabilità delle somministrazioni e speculando sulla sicurezza di questo e quel lotto. La stessa quantità delle dosi fornite rimane un punto interrogativo, così come la volontà reale delle autorità europee di aprire al russo Sputnik V, anch’esso monodose e apparentemente molto efficace e sicuro nel combattere il Covid.

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