Più che la presentazione di un piano per combattere la crisi turca, quello del ministro dell’Economia, Berat Albayrak, è stato un bagno di realismo dopo anni di fuga dalla realtà da parte delle istituzioni di Ankara. Anzitutto, le stime di crescita vengono abbassate per quest’anno in linea con quelle della banca centrale al 3,8% contro il 5% precedentemente atteso dal governo e per il 2019, ammette il genero del presidente Erdogan, l’obiettivo resta centrare il 2,3% di crescita del pil. Siamo ben lontani dai fasti dell’ultimo quindicennio di boom, ma è già un miracolo se con il maxi-rialzo dei tassi al 24% dal 17,75% di settimana scorsa l’economia turca ce la faccia a schivare una recessione non solo tecnica.

La lira turca ha perso oltre il 40% contro il dollaro quest’anno e dopo che Albayrak ha svelato il piano stamattina al museo di Istanbul, s’indeboliva di oltre l’1% a un cambio di 6,32-33.

Il realismo lambisce anche le stime sull’inflazione. Se in agosto il tasso di crescita tendenziale dei prezzi è schizzato al 17,9%, si attende un apice del 20,8% entro la fine dell’anno e una discesa per l’anno prossimo al 15,9%. Al contempo, il deficit si attesterà all’1,9% quest’anno, all’1,8% l’anno prossimo e all’1,7% nel 2021, mentre la disoccupazione salirà all’11,3% e al 12,1% rispettivamente. Per dare una mano ai conti pubblici, il ministro ha annunciato un piano di tagli alla spesa per 60 miliardi di lire, pari a quasi 10 miliardi di dollari. I progetti in cantiere non ancora realizzati verranno sospesi e i grossi investimenti infrastrutturali saranno realizzati in partnership con investitori privati e internazionali. In definitiva, meno crescita e inflazione stagnante a due cifre a lungo, mentre la disoccupazione si farà sentire tra le famiglie.

La crisi della lira turca arriva in banca 

Passaporto turco più facile

E c’è un’altra parte del piano interessante, anzi l’unica realmente con implicazioni pratiche, dato che il resto sembra la presa d’atto della realtà.

La Turchia si pone l’obiettivo di alzare a 10 miliardi di dollari l’anno gli investimenti immobiliari da parte degli stranieri, più del doppio dei 4,6 miliardi che si sono registrati lo scorso anno. Come? Facendo concorrenza a economie come la vicina Grecia con la concessione del passaporto agli investitori stranieri, abbassando i requisiti richiesti. Per ottenerlo, basterà acquistare e mantenere per almeno 3 anni proprietà per un controvalore minimo di 250.000 dollari, giù da 1 milione di dollari attualmente necessario. In alternativa, sarà sufficiente investire 500.000 dollari in bond o depositare una tale cifra in una banca turca, quando ad oggi servono ben 3 milioni o 2 milioni in investimenti di capitale fisso. Infine, si potrà diventare cittadini turchi aprendo un’impresa e assumendo 50 e non più 100 lavoratori.

In agosto, gli acquisti di immobili sono crollati del 12,5% su base annua, ma gli investimenti stranieri nel comparto sono esplosi del 130%, grazie anche al crollo della lira turca, che sta rendendo più a buon mercato gli assets domestici. Le città preferite sono Istanbul e la località vacanziera di Antalya. Tra i papabili a prendere passaporto turco per approfittare dell’allentamento delle regole vi è l’attore Gérard Depardieu, francese di nascita, ma russo sin dal 2013, quando in polemica con l’alta tassazione in patria ha annunciato il cambio di passaporto. E adesso si accingerebbe a compiere un altro passaggio di nazionalità, tanto che in ottobre incontrerebbe il presidente Erdogan per discutere sull’opportunità di investire nel paese. Difficile che da solo risolva la crisi turca.

Perché la lira turca potrebbe crollare presto peggio di agosto

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