La Germania di emettere “Coronabond” non vuole sentirne parlare e la cancelliera Angela Merkel sul punto non mostra tentennamenti dopo il Consiglio europeo di una settimana fa. A chi servono aiuti dovrà richiederli al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è la sua linea, sostenuta graniticamente dal suo partito cristiano-democratico e dagli alleati socialdemocratici, con il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che parla sì di “responsabilità”, ma rifiuta di prendere in considerazione i Coronabond. La stampa italiana si è eccitata dinnanzi alle dichiarazioni favorevoli del leader dei Verdi, Rober Habeck, secondo il quale sarebbe nell’interesse della Germania aiutare l’Italia in difficoltà, essendo l’economia tedesca esportatrice.

Coronabond contro l’emergenza pandemia, ecco perché l’Italia non deve illudersi

Ma o i giornalisti di casa nostra si occupano di Berlino ogni tot anni o non sanno che queste siano le posizioni classiche dei Verdi, così come della Linke, i post-comunisti. Nulla di nuovo sotto il cielo berlinese, dunque. Il resto dell’arco costituzionale, quello che va dall’Unione all’SPD, passando per i liberali della FDP, resta contrario alla mutualizzazione di rischi e oneri nell’Eurozona. E da destra, gli euro-scettici dell’AfD impediscono ai conservatori di aprire a una qualche soluzione di compromesso, altrimenti avrebbero facile propaganda per fare passare il messaggio di una svendita dei soldi dei contribuenti tedeschi per assistere le “cicale” del Sud Europa.

L’altro giorno, il direttore generale del MES, il tedesco Klaus Regling (sì, la Germania ci tiene a controllare la cassa europea con un suo uomo), ha chiarito che i Coronabond non possano essere emessi in un battibaleno, richiedendo almeno tre anni di tempo per la preparazione. Altro che strumenti adeguati per affrontare le emergenze come il Coronavirus, invocati dal premier Giuseppe Conte in un’intervista alla TV pubblica tedesca ARD. E sapete cosa ha aggiunto il Regling? Le obbligazioni “non possono nascere dal nulla”, vanno emesse “dietro la presentazione di garanzie”.

Potete pure inveire contro l’uomo quanto volete, ma la realtà è che ha detto la verità.

Come funziona davvero il MES

Il MES non nasce per diffondere solidarietà in lungo e in largo in Europa, bensì per affrontare eventuali crisi fiscali con quel distacco tipico degli organismi tecnici, che è spesso mancato nei salvataggi della Grecia, in particolare. In altre parole, la Germania nel 2012 pretese e ottenne la nascita di un Fondo Monetario Europeo, così che i governi nazionali non si ritrovassero più nell’imbarazzante posizione di dover trattare la concessione di prestiti a uno o più partner dell’euro, pressati nel frattempo dalle rispettive opinioni pubbliche. E qual è il senso del MES? Erogare linee di credito a un governo che le richieda e che accetti in cambio di sottoscrivere un memorandum d’intesa, ossia un decalogo di misure pretese a garanzia dei prestiti.

Riforma MES, la risoluzione di maggioranza contrasta con le rassicurazioni di Conte

E’ il famoso “Washington Consensus” del Fondo Monetario Internazionale: l’istituto aiuta uno stato con l’acqua alla gola, ma in cambio richiede che questi renda sostenibile il suo debito. Come? Con le riforme. E fino a quando non sarà stato restituito l’ultimo centesimo, l’FMI resta seduto a fianco del governo assistito per monitorarne i passi. Se questi non vengono compiuti, niente esborsi di nuove tranche. Il meccanismo è stato collaudato nell’Eurozona con la cosiddetta Troika (UE, BCE e FMI) sin dal 2010 per i salvataggi di Grecia, Portogallo e Irlanda. Senonché, l’Italia ha dato il suo placet a questo schema, tant’è che fino a qualche settimana fa era proprio il governo Conte a sbandierare all’opinione pubblica di avere avallato una riforma del MES, da approvare in aprile con un apposito Consiglio europeo, per riparare il nostro Paese sotto l’ombrello di un organismo di garanzia per tutta l’area.

A distanza di poche settimane, lo stesso premier ci racconta che il MES sia stato superato, in quanto concepito in tempi ordinari. Per caso immaginava che qualcuno avrebbe mai chiesto assistenza al Fondo salva-stati in una situazione ordinaria, senza essere costretti da eventi di portata “storica”? E’ stata questa la faciloneria con la quale fino alla fine di gennaio il governo Conte voleva “mettere al sicuro” l’Italia, di fatto subordinandola a un ente, che oggi lo stesso fa di tutto per evitare, fiutandone la natura commissariale? Di fatto, Regling ci spiega benissimo che l’emissione delle obbligazioni, ammesso che fosse possibile, avverrebbe dietro garanzie. La natura di queste può essere oggetto di interpretazione. Vorrebbero il Colosseo, la Fontana di Trevi e la Reggia di Caserta come assicurazione o si accontenterebbero di un accordo sulle riforme?

Anche i Coronabond sarebbero condizionati

Non è una battuta. All’atto dell’erogazione degli 86 miliardi di euro di aiuti alla Grecia con il terzo “bailout” del 2015, la Finlandia chiese che gli stati creditori ottenessero in garanzia i beni storici e le infrastrutture del paese. La richiesta non venne accettata, ma nessuno disse che fosse assurda. E dopo avere approfondito la natura del MES, avrete capito perché. Esso funziona esattamente come una banca quando concede un prestito a un’impresa fallita: ti do i soldi e in cambio mi dai in garanzia i tuoi assets, comprese le azioni in pegno, che nel caso di mancata restituzione del prestito diventano definitivamente del creditore.

E’ questa la ragione per cui la Germania insiste tanto che Italia e Spagna (forse, anche la Francia) ricorrano al MES; così facendo, avrebbe la sicurezza che i prestiti, elargiti con capitale anche tedesco, verrebbero erogati dietro “stringenti condizionalità”, espressione contenuta all’art.136 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, quello istitutivo del fondo.

Conte, che ha fatto il gradasso insieme al suo baldanzoso ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, quando nei mesi scorsi recitava il ruolo dell’europeista contro il “populismo” delle opposizioni, adesso che si trova costretto a chiedere aiuto, sa di avere raccontato stramberie agli italiani quando sproloquiava sulla necessità per l’Italia di sostenere la riforma, pur a certe condizioni, del MES. Evidentemente, sperava che se un giorno avessimo avuto bisogno del fondo, al governo ci sarebbe stato un altro.

La vergognosa riforma del MES con Camere in quarantena per Coronavirus

Su una cosa Regling sta mentendo: emettere i Coronabond non richiede tre anni di tempo. Questa affermazione punta a scoraggiare il Sud Europa, inducendolo ad optare per nuovi strumenti, ossia un prestito formale al MES medesimo. Le obbligazioni potranno iniziare ad essere emesse entro poche settimane, se solo vi sarà il placet politico. Ma i capitali raccolti non verranno distribuiti agli stati richiedenti né incondizionatamente, né a condizioni blande. MES, Commissione europea e BCE monitorerebbero gli stati assistiti dal giorno dopo e pretenderebbero il rispetto delle linee guida solo apparentemente generiche raccomandate in sede di erogazione degli aiuti. Non ci sarebbe la sola subordinazione al Patto di stabilità, temporaneamente sospeso, bensì a criteri ancora più stringenti sulle riforme, perché obiettivo unico del creditore sarebbe tornare in possesso dei prestiti con gli interessi e affinché ciò fosse possibile, sarebbe necessario che l’economia del paese debitore tornasse a crescere e i conti pubblici venissero risanati. In alternativa o come opzione complementare, imporrebbero la ristrutturazione del debito pubblico.

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