Errare è umano, perseverare diabolico. Qualcuno dovrebbe scolpire questa frase all’ingresso di Palazzo Koch, perché se c’è qualcuno che ancora oggi non ha capito la bestialità di certe proposte è proprio Banca d’Italia. In audizione al Parlamento, il dirigente Giacomo Ricotti ha notato certe storture dell’IRPEF, con il carico fiscale perlopiù sostenuto dai contribuenti con redditi medio-bassi (fino a 55 mila euro). I 41,4 milioni di contribuenti esitano un gettito fiscale annuo di 191 miliardi, il 40% delle entrate tributarie complessive. Ricotti nota (sin qui, giustamente) che in Italia la pressione fiscale resti elevata sul capitale e, soprattutto, sul lavoro e che le aliquote marginali creino distorsioni.

Inoltre, invoca una riforma organica delle detrazioni per tipologia di lavoro e delle addizionali locali, riferendosi al modello spagnolo, che prevede l’esenzione tarata sul numero dei componenti familiari. In sostanza, una “no tax area” familiare. Nulla da eccepire fino a questo punto, senonché lo stesso dichiara che, dati i vincoli di bilancio, la riduzione delle imposte sui redditi dovrebbe essere compensata dall’aumento del prelievo sulla ricchezza finanziaria e sugli immobili, oltre che sui consumi, in quanto meno dannoso per l’economia.

La patrimoniale è una sciocchezza che metterà in fuga i pochi capitali dall’Italia

Ora, a rigore Ricotti dice il vero quando sostiene che un euro di imposte indirette crea minori problemi all’economia di un euro di imposte dirette. Ma ciò vale quando un’economia ha livelli di tassazione non alti. L’Italia, invece, preleva ogni anno dalle tasche dei contribuenti più dei due quinti di quanto guadagnino, per cui il problema dei nostri conti pubblici non risiede certamente sull’esiguità delle entrate fiscali, semmai sull’inefficienza della spesa pubblica. Ora, capiamo che sia impopolare persino per Bankitalia proporre tagli alla spesa, specie in una fase così complicata, ma i suoi dirigenti vengono pagati profumatamente per chiamare le cose come stanno, non per raccontare fandonie.

E le proposte che sono uscite dalla bocca di Ricotti vanno rispedite al mittente per la loro demenzialità.

Ricette fallimentari per l’Italia

Egli propone di reintrodurre l’IMU sulla prima casa e, in generale, di potenziare l’imposizione sugli immobili, contestualmente all’aggiornamento dei valori catastali e prevedendo un’esenzione a favore delle famiglie con redditi più bassi. Trattasi di una stupidaggine sotto diversi profili. Anzitutto, se tassi un immobile, lo fai per avere un’entrata distinta da quella gravante sui redditi. Ma se leghi l’imposta proprio ai redditi, finisci per trasformarla in qualcosa di inefficiente, in una sorta di aggravio IRPEF mascherato.

Secondariamente, Bankitalia dimostra di non avere appreso la lezione del governo Monti. L’allora premier “tecnico” reintrodusse l’IMU sulla prima casa, inasprendo il prelievo sulle seconde abitazioni ed estendendolo a tutte le tipologie immobiliari, compresi i capannoni aziendali. I risultati furono disastrosi per il mercato immobiliare, l’unico di tutta Europa a non avere neppure iniziato a riprendersi dalla crisi finanziaria del 2008. In media, i prezzi delle case erano crollati del 25% in Italia prima del Covid in circa un decennio. Proprio l’inasprimento fiscale è stato una causa forte di questo tracollo, le cui ripercussioni sono state assai pesanti per il sistema creditizio, quello vigilato proprio da Bankitalia, come ha notato Confedilizia. In effetti, quotazioni immobiliari in calo riducono il valore delle garanzie reali a favore delle banche, costrette così a ricapitalizzarsi per coprire eventuali perdite future e a tagliare le erogazioni a famiglie e imprese per contenere i rischi.

E l’IVA? Vi sembra il modo di sostenere la ripresa di un’economia, dove tra il 2007 e il 2020 i consumi delle famiglie sono crollati di circa il 15% in termini reali, tornando indietro di ben 25 anni.

Al netto del Covid, risultavano già in calo di circa il 4,5%. La debole domanda interna ha frenato la crescita, che è rimasta trainata negli ultimi anni dalle sole esportazioni. E ricordiamoci che anche l’ultimo governo Berlusconi e quello a guida Letta tra il 2011 e il 2013 aumentarono complessivamente l’aliquota IVA più alta dal 20% al 22%, senza che il relativo gettito fiscale se ne sia giovato granché. Anzi, lo spettro delle clausole di salvaguardia, consistenti proprio in maxi-rialzi dell’IVA che incombono sull’economia italiana nell’ultimo decennio, ha avuto conseguenze devastanti sull’umore del mercato. E le proposte di Bankitalia non aiutano a mutarlo in meglio dopo la pandemia.

Perché patrimoniale, più IMU e IVA completerebbero la distruzione dell’economia italiana

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