Secondo il ministro delle Finanze, Christian Lindner, non sarebbe corretto definire la Germania “il malato d’Europa”. A suo dire, le serve solo un caffè. Una battuta per reagire alla crescente considerazione che il resto d’Europa e del mondo sta avendo della locomotiva tedesca. Lo scorso anno, il PIL ha chiuso in calo dello 0,3%. E’ stato l’andamento peggiore tra tutte le venti economie dell’Area Euro e del G7. Le cose quest’anno dovrebbero andare meglio, ma di poco.

Sarà evitato il segno meno, ma la crescita è attesa nell’ordine dello zero virgola.

Germania tra uno sciopero e l’altro

E c’è uno studio che fa riflettere. E’ stato condotto da VFA, l’associazione che raggruppa le società farmaceutiche in Germania. Ha scoperto che le assenze per malattia tra i lavoratori avrebbe sottratto lo 0,8% di PIL nel 2023. Neppure nell’anno del Covid c’era stato un risultato così eclatante. In pratica, se i lavoratori tedeschi non si fossero ammalati, l’economia domestica sarebbe cresciuta fino allo 0,5%. E’ in sintomo non tanto che siano diventati improvvisamente cagionevoli di salute, bensì delle conseguenze dell’invecchiamento demografico.

In queste settimane, la Germania è in preda agli scioperi. Ad essere onesti, sarebbe bastato recarvisi in vacanza l’anno scorso per capire quanto il settore dei trasporti, in particolare, non sia più così affidabile come un tempo. I sindacati protestano, reclamano aumenti salariali a doppia cifra. La sigla GDL è arrivata allo scontro duro con Deutsche Bahn, le ferrovie statali. Hanno proclamato uno sciopero di sei giorni conclusosi oggi dopo che i vertici aziendali hanno respinto le loro proposte: aumenti di stipendio di 555 euro mensili, pari al +18% rispetto al livello base; un bonus una tantum di 3.000 euro e la riduzione dell’orario lavorativo settimanale da 38 a 35.

Ferito l’orgoglio sui conti pubblici

Deutsche Bank ha controproposto un aumento del 13% tarato sulle 38 ore settimanali e una riduzione a 37 ore di lavoro alla settimana.

Nel frattempo, gli agricoltori seminano il caos con i trattori, bloccando gli accessi ai porti, le autostrade. Non vogliono subire il taglio dei sussidi per il carburante. Si capisce molto bene perché i partiti al governo stiano collassando sul piano dei consensi. Socialdemocratici, Verdi e liberali sono estremamente impopolari. Se oggi si tornasse ad elezioni, non raggiungerebbero insieme un terzo dei voti. La destra euroscettica dell’AfD è salita nel frattempo al 22-23%, seconda solo ai conservatori della CDU-CSU in area 30%.

La Germania è stata per mesi nel caos anche sul fronte dei conti pubblici, il fiore all’occhiello di Berlino in tutti questi anni. La Corte Costituzionale ha bocciato i cosiddetti Sondervermoegen, 29 veicoli a cui erano state appioppate spese pluriennali per 869 miliardi di euro. Il deficit è schizzato inevitabilmente e si sono resi necessari tagli alla spesa per evitare che restasse sopra il 3% del PIL quest’anno. La coalizione ha, infatti, reintrodotto da quest’anno il “freno al debito” (Schuldenbremse), inserito in Costituzione sin dal 2009 e che limita allo 0,35% il disavanzo fiscale annuo.

Macron rilancia gli Eurobond

Ma gli alleati fiutano che la Germania non sia più quella di qualche anno fa, travolta da pandemia e guerra. I presupposti su cui correva sono venuti parzialmente meno: mercati aperti ed energia a basso costo. Produrre costa molto di più, gli sbocchi commerciali si sono ristretti nel mondo e il resto lo ha fatto l’harakiri ambientalista dei Verdi al governo. Tuttavia, gode ancora di spazi di manovra fiscali elevati, grazie a un debito pubblico intorno al 65% del PIL. E così, al 2022 ha potuto ottenere dalla Commissione europea il via libera ad aiuti di stato per 356 miliardi, il 53% della torta complessiva. La Francia ha seguito con 162 miliardi (24%), l’Italia con soli 51 miliardi (8%) si è piazzata terza.

Una situazione che allarma i partner della Germania, che temono di essere fregati. Partecipando al World Economic Forum di Davos, il presidente francese Emmanuel Macron ha invocato gli Eurobond per emettere debito comune da utilizzare per il finanziamento di nuovi obiettivi strategici a medio-lungo termine. Parigi è consapevole che rischia di perdere la sfida sulla transizione energetica, se la gara si fondasse a colpi di aiuti di stato. A quel punto, solo un nucleo ristretto di economie, tra cui la Germania, riuscirebbe a spendere.

Appello di Panetta sugli Eurobond

L’Italia è intervenuta sugli Eurobond con il governatore della banca centrale, Fabio Panetta. Egli ha sostenuto la necessità di emissioni comuni “regolari” per tendere a un mercato unico dei capitali. Ha spiegato che, altrimenti, l’euro finirà per essere minacciato dallo yuan. La Cina sta promuovendo la sua moneta sul piano internazionale, cosa che non sta facendo l’Eurozona. Da noi, il mercato dei capitali è rimasto frammentato come una ventina di anni fa. Gli Eurobond servirebbero tra le altre cose a consentire al resto del mondo di detenere la moneta unica in forma di safe asset.

I dati sul punto sono agghiaccianti. Appena il 19,6% delle riserve valutarie mondiali era denominato in euro al 30 settembre scorso, lo stesso livello del 1999, l’anno di nascita dell’unione monetaria. Il dollaro continua a spadroneggiare con il 59,2%. Il problema è che alla Germania gli Eurobond non sono mai piaciuti e continuano a non piacere. Lo scomparso Wolfgang Schaeuble, quando scoppiò la crisi dei debiti sovrani nel 2010, chiese al collega italiano Giulio Tremonti il tempo necessario per consentire ai tedeschi di elaborare la questione. Da allora, anziché avvicinarsi, le posizioni si sono persino distanziate.

Germania non ha fiducia nei partner dell’euro

Non c’è fiducia in Germania verso il Sud Europa. Gli Eurobond sarebbero debito comune, cioè contratto insieme a coloro che vengono sospettati di spendere sempre troppo e male.

Vi intestereste un mutuo assieme ad uno che giudicate uno spendaccione? Ce ne sarebbe per replicare a Berlino, specie adesso che ha perso la verginità sull’immacolatezza dei conti pubblici. Difficile ricavarne un qualche ragno dal buco in una prospettiva temporale breve o media. La debolezza politica tedesca si traduce in una paralisi comunitaria, anziché in un aumento della forza relativa dei partner. Tra l’altro, Francia e Italia non fanno squadra, con Parigi allergica storicamente ad alleanze con Roma per la sua ostentata pretesa di superiorità. Non c’è aria di Eurobond, anche se la nave affonda e l’orchestra si rifiuta di guardare fuori dall’oblo.

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