Per molti resterà nella memoria per quel fuori onda straordinario sul ciuffo scomposto e la spiegazione che il presidente della Repubblica dà all’assistente, cioè di non andare nemmeno lui dal barbiere per la quarantena, ma il messaggio di Sergio Mattarella agli italiani di venerdì sera ha avuto un senso di portata a suo modo “storica”. Perché se abbiamo un premier che sproloquia ormai quasi quotidianamente con annunci e conferenze stampa senza contenuto e in chiave perlopiù propagandistica, il capo dello stato continua a distinguersi per i suoi interventi di sostanza e col contagocce.

Il discorso di Mattarella a Capodanno è stato minaccioso verso il governo Conte

Eppure, sembrerebbe che tre giorni fa il presidente non abbia detto agli italiani nulla di nuovo rispetto a Giuseppe Conte, invocando la ricostruzione subito. Ma il suo messaggio era solo parzialmente rivolto alla Nazione, il suo vero obiettivo consisteva nel rivolgersi a Bruxelles e con parole incontrovertibili. E così è avvenuto, quando ha lanciato il suo monito a marciare tutti uniti in questa crisi, appellandosi all’Unione Europea, affinché capisca la minaccia o “sarà tardi”.

Due settimane prima, esattamente il 12 marzo scorso, dopo che il governatore della BCE, Christine Lagarde, aveva scatenato l’inferno sui mercati finanziari, affermando che non sia compito dell’istituto “restringere gli spread”, il Quirinale aveva avvertito l’esigenza di diramare una nota per chiedere alle istituzioni europee di almeno non mettere i bastoni tra le ruote all’Italia in una fase così drammatica. Venerdì scorso, invece, il messaggio di Mattarella seguiva il fallimento del vertice del Consiglio europeo in teleconferenza, in cui il fronte del nord (Germania, Olanda, Austria, Finlandia, etc.) ha opposto il suo netto rifiuto ai “Coronabond”, ribadendo l’opzione degli aiuti del Meccanismo Europeo di Stabilità solo condizionati.

L’avvertimento di Mattarella

Che cosa ha inteso comunicare Mattarella ai partner dell’Eurozona? Parole chiare: qui c’è in gioco la sopravvivenza dell’euro e con queste divisioni non dovete escluderne la fine, perché stavolta tutta la politica e le istituzioni italiane sono unite nel richiedere un meccanismo di assistenza finanziaria immediato e incondizionato.

La crisi in cui l’Italia e il resto dell’unione monetaria sono sprofondati è stata provocata da un fattore esogeno, persino extra-economico, non da comportamenti fiscali scellerati, per cui non ha alcun senso dividere l’area tra buoni e cattivi. Chi continuerà a farlo dovrà anche assumersi la responsabilità storica di aver provocato la fine dell’euro e dell’Unione Europea.

Coronavirus bond: richiesta di aiuto dell’Italia al MES drammatica e pericolosa 

Non siamo più nel 2011, quando l’allora governo Berlusconi venne lasciato solo dallo stesso Quirinale contro le cancellerie europee, mentre lo spread impazzava senza che l’Italia avesse fatto alcunché di anomalo sul piano fiscale o economico. Anzi, il nostro bilancio era risultato il meno espansivo nel biennio di crisi precedente e proprio per tenere a bada il debito pubblico, già alto in partenza. Eppure, la crisi di fiducia verso l’euro dopo il salvataggio in extremis della Grecia e la capitolazione di Irlanda e Portogallo travolsero anche Italia e Spagna, percepite due anelli deboli della catena. L’Europa colse l’occasione per esternare tutta la propria avversione quasi “ideologica” contro gli stati del Mediterraneo e avvenne l’inevitabile.

Ma l’Italia, vittima sacrificale di un’Eurozona germano-centrica e priva di solidarietà, non ci sta a subire il bis. Mattarella lo ha voluto evidenziare con un discorso plateale, parlando alla suocera affinché nuora intenda. La Germania si ritroverà una Nazione compatta nel pretendere che stavolta venga ascoltata e se così non fosse, nessun passo indietro. Quel “altrimenti faremo da soli” pronunciato dal premier dopo il vertice UE di settimana scorsa trova copertura istituzionale dalla più alta carica dello stato.

Lo schiaffo di von der Leyen ai giallo-rossi

Certo, i primi segnali non sono andati nella direzione auspicata. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, definiva, il giorno successivo al messaggio di Mattarella, “slogan” i Coronabond, sostenendo che non siano contemplati nelle azioni che Bruxelles possa adottare contro la crisi e irritando Roma, tant’è che Palazzo Chigi chiedeva subito dopo alla tedesca di comportarsi “all’altezza” della situazione. La rettifica suona come una presa in giro, un po’ come quella di Lagarde dopo la gaffe sullo spread: parole mal comprese. Intendeva dire che sui Coronabond la competenza non sia della Commissione, la quale userà tutti gli strumenti con la massima flessibilità e “all’interno del mandato”.

In realtà, quello di von der Leyen suona come uno schiaffo alla maggioranza giallo-rossa, i cui voti nel luglio scorso si rivelarono determinanti per la sua elezione. Senza i 5 Stelle, sarebbe stata bocciata e non sarebbe diventata presidente. Ma la riconoscenza non sta di casa a Bruxelles, dove l’Italia continua ad essere mal tollerata per lo stigma che la vede percepita come uno stato eternamente in crisi e alla ricerca di soluzioni d’accatto per scaricare i suoi debiti agli altri partner dell’area. Ancora una volta, le istituzioni europee non si sono mostrate all’altezza della sfida, si stanno rivelando inutili e persino un ostacolo alla ricerca di soluzioni immediate ed efficaci contro la crisi.

Finita l’emergenza Coronavirus, quale Italia avremo?

Queste settimane segnano un prima e un dopo nella narrazione italiana dell’Europa. Ad oggi, europeisti ed euro-scettici si sono confrontati senza mai capirsi e ribadendo le rispettive posizioni senza alcuna possibilità di compromesso. Finita l’emergenza, anche tra i primi rimarrà il senso di sdegno per la mancata solidarietà di Bruxelles verso l’Italia in una fase così drammatica, nella quale si cerca di salvare vite umane.

Mentre i medici a Bergamo sono stati autorizzati dai vescovi a concedere l’estrema unzione ai contagiati di Coronavirus in fin di vita, in Europa si continua a puntare il dito contro di noi e a parlare di conti pubblici, come se fossimo stati la causa dell’emergenza mondiale. Molto probabilmente non ci sarà la fine dell’euro, bensì la fine dell’europeismo a prescindere in Italia.

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