Nuovi record per le borse mondiali. Gli indici monitorati dall’MSCI e relativi a 47 mercati del pianeta, sviluppati ed emergenti, comprensivi di 2.400 titoli azionari, segnano oggi il decimo nuovo massimo storico dal giugno scorso, confermando la tendenza alla crescita globale, la quale a sua volta rispecchierebbe l’ottimismo tra gli investitori per lo stato di salute dell’economia mondiale. Quest’anno, la capitalizzazione delle borse mondiali sarebbe aumentata complessivamente del 15,6%, arrivando a oltre 81.000 miliardi. Su base annua, si registra un aumento del 23,5%, del 45% nell’ultimo quinquennio.

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Se questo è il dato generale, da solo non basta a segnalare lo stravolgimento in corso da anni nel panorama finanziario. Monitorando l’andamento dal 2003 ad oggi, notiamo con estrema evidenza una perdita di peso delle grandi borse mondiali, che pur restando di dimensioni rilevanti, non monopolizzano più gli scambi. Si pensi a Wall Street: nell’ottobre di 14 anni fa, valeva 12.700 miliardi di dollari, il 45% dei 28.100 miliardi di capitalizzazione mondiale. Oggi, tale percentuale è crollata al 35%, pur essendo cresciuta a 23.800 miliardi la sua capitalizzazione. Rispetto al 31 ottobre 2016, il suo peso si riduce ulteriormente dell’1%.

Il crollo delle borse europe

Ma peggio, molto peggio è andata alle borse europee, che nel 2003 valevano complessivamente quasi 7.900 miliardi, poco più di oggi. A distanza di 14 anni, quindi, hanno ridotto il loro valore assoluto di capitalizzazione, passando da una quota del 28% a una inferiore al 10%, sostanzialmente stabile su base annua. Ad incidere negativamente è stato anche l’andamento del cambio euro-dollaro, visto che i dati sono espressi tutti in valuta americana. Ciò non toglie nulla alla caduta quasi in disgrazia dei mercati finanziari della UE, che si rivelerà ancora più disarmante con la Brexit, dato che la sola Borsa di Londra varrebbe la metà dell’intera capitalizzazione europea. In pratica, il peso delle borse d’Europa scenderebbe sotto il 5% del totale.

Arretra persino la Borsa di Tokyo, che negli ultimi 14 anni è passata da meno di 3.000 miliardi a oltre 5.700 miliardi di dollari, ma il suo peso è crollato da oltre l’11% all’attuale 7,1%. Tirando le somme, le borse di USA, UE e Giappone incidevano per l’84% del valore globale di capitalizzazione nel 2013, mentre oggi risultano scese a circa il 51,5%. Su base annua, diminuiscono ancora di quasi il 2%.

Ma se le grandi borse mondiali pesano sempre meno, dove starebbe aumentando l’importanza in termini di incidenza sui capitali totali? Sembra che ad approfittarne siano i mercati emergenti. Prendiamo la Cina, che oggi capitalizza quasi 7.300 miliardi di dollari, pari al 9% (10% un anno fa). Shanghai e Shenzen valevano appena l’1,5% nell’ottobre del 2003, per cui hanno sestuplicato la loro quota. Anche l’India ha fatto passi da gigante: 14 anni fa, la sua borsa valeva 230 miliardi, oggi quasi 2.000 miliardi. Dunque, si è moltiplicata per 9 in valore assoluto, mentre il suo peso relativo è triplicato al 2,4%. Cina e India fanno così insieme oggi il 13,5% contro il 2,3% del 2003, rosicchiando ben oltre 11 punti al grande trio decaduto. (Leggi anche: I mercati emergenti fanno un secondo miracolo)