Il cantiere aperto da Christine Lagarde per rivedere il target d’inflazione sta creando tensioni all’interno della BCE. L’ala capeggiata dalla Bundesbank ritiene che l’obiettivo debba essere reso più chiaro, ma non più flessibile, contrariamente all’impostazione che starebbe emergendo quale prevalente, secondo la quale esso verrebbe reso “simmetrico” e forse anche prevedendo un range di tolleranza (1,5-2,5%?), così da non vincolarsi a un dato troppo netto. La Germania teme che le “colombe” abbiano la meglio, cioè che la stabilità dei prezzi venga meno tutelata e che gli stimoli monetari di questi anni siano prolungati oltre il dovuto.

La revisione del target d’inflazione BCE è un falso problema, ecco cosa nasconde

Tuttavia, dalla Lagarde sono arrivate nel corso della scorsa settimana due segnali che andrebbero nella direzione di un riavvicinamento con Berlino. Dall’Europarlamento, il governatore ha spiegato che anni di lotta contro la crisi finanziaria ed economica avrebbero lasciato la BCE con pochi mezzi a disposizione sul fronte della politica monetaria per il caso di arrivo di una nuova crisi, essendo già stati i tassi ridotti a zero e la stessa inflazione risultando bassa.

Per questo, la francese si è appellata ancora una volta a quei paesi che dispongono di margini fiscali, affinché li utilizzino a sostegno delle loro economie e del resto dell’Eurozona. Il riferimento esplicito è alla Germania, così come a paesi alleati come l’Olanda. Nulla di nuovo, né che faccia pensare un avvicinamento alle posizioni tedesche. Se non fosse che poco prima la stessa Lagarde aveva notato come i costi legati agli immobili non siano ben captati dagli indici Eurostat sull’inflazione. “Chiedete a parenti e amici e capirete che il 6,5% sia troppo basso, a dir poco”.

Scambio sulla casa

Il 6,5% è il peso assegnato ai costi relativi alla casa nel paniere dell’Eurozona.

A titolo di confronto, negli USA vale più del 20%. Perché così basso? Ufficialmente, Bruxelles non prende in considerazione i prezzi delle case di proprietà, perché non impattano sul costo della vita dei proprietari. Tuttavia, alcuni analisti sostengono che essi abbiano conseguenze, comunque, sulla percezione che le famiglie hanno dell’inflazione. Se questi costi fossero tenuti in considerazione, il peso della casa nel paniere salirebbe e si stima che anche l’inflazione di fondo lieviterebbe, pur non considerevolmente, di circa lo 0,3%.

Poco che possa sembrare, quei decimali in più avvicinerebbero al target d’inflazione e renderebbero formalmente meno indispensabile il mantenimento dell’accomodamento monetario di questi anni. Alla Germania piacerebbe, perché ciò significherebbe cessare il “quantitative easing” e alzare i tassi prima. In fase di revisione del target d’inflazione, quindi, Lagarde brandirebbe alla Bundesbank il bastone e la carota. Da un lato, tenderebbe a un obiettivo meno rigido e più chiaro per il mercato, dall’altro creerebbe le premesse per avvicinare l’inflazione ai livelli perseguiti, frustrando le aspettative delle colombe.

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In cambio, ella pretenderebbe una politica fiscale tedesca meno restrittiva, cioè l’aumento degli investimenti pubblici e/o il taglio delle tasse di Berlino. Ma il tema casa va maneggiato con cura, perché rischia di rivelarsi per tutti un’arma a doppio taglio. Nelle fasi di crescita delle quotazioni immobiliari, l’inflazione nell’Eurozona tenderebbe più velocemente al target, ma in quelle di ripiegamento, l’inflazione decelererebbe più in fretta, rendendo più immediato e deciso l’intervento della BCE con una politica monetaria espansiva. In un’ottica di breve termine, ai tedeschi potrebbe anche convenire l’ipotesi del baratto, ma nel lungo il saldo benefici/costi per loro rischia di non essere positivo.

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