“Non siamo qui a restringere gli spread”. Questa frase fu pronunciata da Christine Lagarde il 12 marzo di quest’anno, una data che rimane infausta per i mercati finanziari. Quel giorno, le borse europee crollarono tutte a doppia cifra, chiudendo la seduta con perdite mai così elevate. Piazza Affari registrò un pauroso -17%. Gli investitori dedussero da quella dichiarazione resa in conferenza stampa successivamente al board che Francoforte non avrebbe sostenuto i titoli di stato a rischio speculazione per via della pandemia.

Gli spread esplosero e per correre ai ripari, il capo-economista Philip Lane quel giorno stesso telefonò 11 banchieri e grossi investitori per spiegare meglio il concetto espresso da Lagarde, anzi per smentirlo nella sostanza.

Il tragico errore della BCE di Lagarde che sacrifica l’Italia alla speculazione sui mercati

La stessa francese sentì il dovere di intervenire dopo qualche ora per ricalibrare il suo messaggio in un’intervista rilasciata alla stampa americana. I particolari su Lane li ha pubblicati in settimana il Wall Street Journal, che riporta anche che l’irlandese da allora tiene regolarmente colloqui e chat private con singoli investitori, tra cui AXA, BlackRock, Citigroup, Deutsche Bank, Goldman Sachs, JP Morgan, Pimco e UBS. Che non si tratti di illazioni lo conferma la stessa BCE, che tramite un portavoce ha voluto chiarire che i messaggi di Lane riguardano sempre informazioni pubbliche e che gli investitori di volta in volta scelti (fino a 18 da marzo) cambiano a rotazione.

Questa vicenda crea forte imbarazzo a Francoforte, anzi deve considerarsi un vero scandalo. Se non fosse che siamo in emergenza Covid e in piena crisi dell’economia, probabile che sarebbe rotolata qualche testa di quelle che contano, forse dello stesso Lane come minimo. Essa svela due anomalie. La prima è di un governatore posto sotto tutela dai suoi funzionari, incapace di trasmettere al mercato messaggi chiari sulla politica monetaria.

La seconda riguarda la selezione discrezionale di un gruppo esclusivo di investitori con cui confrontarsi. Quand’anche fosse vero (il contrario sarebbe gravissimo) che Lane non abbia mai spifferato informazioni riservate o prima che fossero rese pubbliche dall’istituto, per contro tutti sanno che da una singola dichiarazione possano desumersi spesso particolari determinanti per anticipare le mosse future di Francoforte. E, soprattutto, con quali criteri si scelgono alcuni investitori, anziché altri?

Reputazione BCE minacciata

La comunicazione per una banca centrale è tutto. Deve essere efficace, per ciò stesso snella e standardizzata. Solo così essa riesce a orientare le aspettative degli operatori sul mercato. Alla BCE non parla ufficialmente la sola Lagarde. Nel corso di ogni mese si esprimono con interviste, pubblicazioni, conferenze e dibattiti pubblici un po’ tutti i consiglieri esecutivi e i governatore del board. In un certo senso, ciò è voluto per fornire al mercato quante più informazioni possibili circa le successive azioni dell’istituto. In realtà, a causa spesso di vedute divergenti tra i membri (accade lo stesso con la Federal Reserve), si finisce per disorientare in qualche caso i mercati.

Ogni otto settimane, poi, si tiene la riunione del board, seguita da una conferenza stampa in cui a rispondere alle domande dei giornalisti vi è solo il governatore e, se richiesto, il vice. Lo scandalo di questi giorni ci delinea un quadro diverso, in cui qualcuno riuscirebbe ad accedere a informazioni non pubbliche prima degli altri, potendole sfruttare a proprio favore, vale a dire per fare soldi. Se una banca d’affari conoscesse in anticipo che la BCE aumenterà gli acquisti di bond, riuscirebbe a comprarli a prezzi più bassi e a beneficiare dei rialzi che questi registreranno quando la notizia sarà resa pubblica. Viceversa, se sapesse prima degli altri che la BCE intende tagliare gli acquisti, rivenderebbe senza incorrere in perdite o subendone in valore limitato.

Lagarde non ha più compiuto passi falsi come quello di marzo. La sua comunicazione è apparsa più lineare, meno estemporanea e, forse anche in virtù del primo anno di esperienza alla guida dell’istituto, più consona al linguaggio di un banchiere centrale. Ma resta il fatto che di lei non si fidino più né i suoi stessi funzionari, né i mercati, dato che alcuni attori di questi ultimi desiderano saperne di più e meglio dal capo-economista. Qui, si pone un problema politico. Può la seconda banca centrale più importante al mondo essere in balia di chat e telefonate non ufficiali? Abbiamo ancora un governatore credibile?

Cosa accadrà ai BTp dopo la brutta figura di Lagarde e i tentativi di riparazione della BCE?

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