E’ stato assente un mese dalle apparizioni pubbliche e martedì scorso Kim Jong Un si è fatto risentire per dire qualcosa di assolutamente inusuale per i canoni della Corea del Nord: “la situazione alimentare è tesa”, ha ammesso il giovane dittatore. Egli ha individuato nelle alluvioni e nel tifone dell’autunno scorso le cause degli scarsi raccolti. Già a gennaio, in apertura dell’ottavo Congresso del Partito dei Lavoratori, aveva chiesto scusa al popolo per non essere riuscito a mantenere la promessa di migliorare le loro condizioni di vita.

L’ultimo anno e mezzo è stato molto pesante per la Corea del Nord, dove già gli standard di vita sono estremamente austeri. A causa del Covid, il regime ha chiuso le frontiere con la Cina, quasi suo unico partner commerciale. Il crollo delle importazioni ha ridotto drasticamente l’offerta di cibo nel paese. La FAO calcola che ne manchino all’appello 860.000 tonnellate, pari a un paio di mesi di alimentazione.

Kim Jong Un ha acuito la repressione ai danni del mercato nero, minimamente tollerato negli anni precedenti, al fine di evitare ogni forma di contatto e di contagio con trafficanti cinesi infetti da Covid. Il risultato è che sulle tavole dei nordcoreani mancano soprattutto beni come zucchero, caffè e tè. Alcune fonti hanno riferito alla stampa estera che un pacco di tè può costare 70 dollari e un pacco di caffè sui 100 dollari. Se già vi sembra eccessivo, considerate che il PIL pro-capite medio nella Corea del Nord si aggirerebbe sui 1.500 dollari l’anno.

Kim Jong Un dimagrito

Invece, i prezzi di beni come riso e carburante si sarebbero mantenuti piuttosto stabili anche dopo la chiusura delle frontiere. Tuttavia, stando a NK Daily, dalla fine di maggio il prezzo del riso sarebbe aumentato del 20% a una media di 5.000 won nella capitale Pyongyang. Un chilo di grano è lievitato sui 3.000 won.

Al cambio ufficiale, sarebbero rispettivamente circa 5,50 e 3,30 dollari. Ma al mercato nero il cambio è molto più debole.

Altro aspetto che sta attirando le attenzioni degli analisti stranieri, specie americani, è il mutato aspetto fisico di Kim Jong Un. Dopo un’assenza lunga un mese dal pubblico, è riapparso visibilmente più magro. Il dittatore è notoriamente in sovrappeso e forse questa sua condizione fisica gli avrebbe provocato problemi cardiovascolari, tanto che nella primavera dello scorso anno se n’era temuta persino la morte. Il dimagrimento sarà stato voluto o è sintomatico di una qualche debilitazione? Difficile credere che il leader indiscusso della Corea del Nord stia patendo la stessa fame di larghi strati della popolazione.

I racconti che arrivano dalla provincia del Sud Pyongan suonano terribili. Diverse famiglie hanno dovuto vendere la casa per racimolare un po’ di denaro con cui sopravvivere. I commercianti risulterebbero tra i più colpiti. Con la chiusura delle frontiere, infatti, non hanno più potuto importare ed esportare alcunché. Uno di loro è stato ucciso da un trafficante sul mercato nero, dopo che gli era stato intimato di saldare un debito, non onorato per assenza di denaro.

Gli occhi di Pyongyang su Biden

Fatto sta che i nordcoreani speravano almeno che le frontiere con la Cina sarebbero state riaperte a maggio. Non è avvenuto, segno che il regime abbia estrema paura di importare il virus, consapevole che il sistema sanitario non reggerebbe un solo giorno. Le strutture ospedaliere sono quasi inesistenti, fatiscenti e disponibili per pochissimi privilegiati. Gli stessi militari non vengono curati qualora avessero bisogno, se non con un po’ di alcool e una garza di cotone nel caso di ferite e sempre dietro pagamento. Un’economia al collasso, per cui l’unica speranza adesso si chiama Joe Biden.

Kim Jong Un incontrò tre volte l’ex presidente Donald Trump tra il 2018 e il 2019.

Ma non essendo disposto a rinunciare al suo programma nucleare, il negoziato si è rivelato un flop. Il dittatore spera ora che il nuovo inquilino alla Casa Bianca apra a Pyongyang. Difficile, tuttavia, che il dialogo possa essere riallacciato senza un qualche gesto simbolico sul piano del rispetto dei diritti umani. A tale proposito, il regime terrebbe nei campi di concentramento circa 120.000 persone accusate di fare opposizione politica e costrette a mangiare rane e topi per sopravvivere. Le sanzioni americane isolano ancora di più la Corea del Nord, sebbene i commerci in nero con la Cina siano proseguiti quasi indisturbati fino all’arrivo della pandemia. Ma senza l’uscita dall’isolamento internazionale, l’economia pianificata non potrà superare lo stato di miseria in cui versa per ammissione stessa del suo leader.

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