Più passano i giorni e si avvicina il primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, più la corsa per l’Eliseo si fa avvincente, ma anche piena di incognite. Se fino a qualche settimana fa era tutto un chiedersi se vincerà la nazionalista Marine Le Pen, adesso il quadro sembra complicarsi, perché ad avere chance non così insignificanti di approdare al ballottaggio è un altro candidato da idee radicali e anti-establishment: Jean-Luc Mélénchon. L’uomo ha 65 anni ed è stato per 30 un socialista, fino a quando nel 2008 non ha deciso di abbandonare il partito più grande della gauche francese per mettersi a capo di un movimento più identitario, il Partito della Sinistra.

Candidatosi nel 2012 alle presidenziali, ottenne poco più dell’11% dei consensi, un risultato insufficiente per consentirgli di arrivare al secondo turno, ma non certo da sottovalutare. Oggi, stando ai sondaggi, viaggerebbe intorno al 18%, con un exploit nelle ultime settimane, grazie a un paio di performance televisive abbastanza buone, che hanno eclissato la figura già politicamente debole di Benoit Hamon, che corre per i socialisti, ma che sarebbe sprofondato sotto il 10%, pagando il prezzo dell’impopolarità della presidenza Hollande. (Leggi anche: Elezioni Francia, scenario peggiore per mercati prende corpo)

Mercati finanziari preoccupati dallo scenario “peggiore”

Tallonando il candidato neo-gollista François Fillon e attestandosi a circa 5 lunghezze di distanza da Le Pen e il centrista Emmanuel Macron, le speranze che sul rush finale Mélénchon possa farcela sono autentiche, anche se ciò aggiunge preoccupazioni a preoccupazioni sui mercati finanziari, dato che l’uomo viene sostenuto dal Partito Comunista e ha presentato un programma, che in molti tratti fa rimpiangere quello della stessa Le Pen.

Anti-europeista (per questo non è stato possibile trovare una candidatura unitaria con i socialisti di Hamon), egli propugna l’uscita della Francia dalla UE con un referendum popolare, così come la leader del Fronte Nazionale, nonché della NATO, l’Alleanza militare che unisce USA ad Europa.

Di recente, ha condannato gli attacchi militari dell’amministrazione Trump in Siria e si è auto-definito “uomo della pace”. (Leggi anche: Hollande lascia sinistra a pezzi e nel dramma)

Il programma di Mélénchon

Ammiratore dello scomparso dittatore venezuelano Hugo Chavez, egli propone l’introduzione delle 32 ore di lavoro settimanali (dalle 35 attuali, anche se applicate all’acqua di rose sin dal 1997), l’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni, un vasto programma di investimenti pubblici, il ritiro dalla produzione di energia nucleare, che oggi soddisfa il 75% del fabbisogno nazionale, nonché un aggravio della tassazione sui ceti medio-ricchi, con aliquota del 100% sui redditi superiori ai 400.000 euro. In sostanza, egli imporrebbe un tetto massimo agli stipendi di 33.000 euro al mese, oltre il quale il fisco si prenderebbe tutto.

Oltre che sui temi dell’economia, l’altra reale differenza con il programma della Le Pen sta nella politica dell’immigrazione, perché Mélénchon è per una politica dell’accoglienza. Per il resto, le sue proposte appaiono persino più radicali di quelle della leader frontista, che aldilà del protezionismo e dei proclami anti-UE e anti-euro, resta favorevole al business, specie di quello delle piccole e medie imprese francesi. Nel caso di Mélénchon, invece, saremmo dinnanzi a un leader politico con idee prettamente comuniste, tali da spingere con ogni probabilità i mercati a tifare Le Pen, nel caso (sciagurato per loro) di un ballottaggio tra i due. (Leggi anche: Vince Le Pen, mercati sotto shock, che succede?)

Reali chance con il crollo dei socialisti

Dal canto suo, la UE non saprebbe chi non tifare, mentre la Le Pen vedrebbe accrescere le sue probabilità di vittoria nel caso di uno scontro diretto con il rappresentante dell’estrema sinistra, dato che grossa parte dei ceti moderati vedrebbero in lei il male minore.

Quanto alle reali probabilità di un suo approdo al ballottaggio, bisogna ricordare che anche 5 anni fa l’uomo veniva dato dai sondaggi a percentuali più elevate di quelle raccolte effettivamente, ma allora il Partito Socialista aveva il vento in poppa, tanto che in un mese e mezzo vinse sia la presidenza che le politiche. Oggi, oltre al vento euro-scettico che spira abbastanza forte nella seconda economia dell’Eurozona, ci troviamo davanti a una sinistra totalmente squagliata, eredità di una presidenza Hollande a dir poco fallimentare, tanto che Le Pen si diletta nei suoi discorsi all’Europarlamento a definirlo “vice-cancelliere tedesco”, sottolineandone l’appiattimento sulle posizioni di Angela Merkel, la stessa che Mélénchon compara a Otto von Bismarck.

Francia in subbuglio, come tutta l’Eurozona

Come andrà a finire lo sapremo solo dopo le ore 20.00 del 7 maggio prossimo, ma già da oggi siamo in grado di affermare che queste elezioni francesi segnano un prima e un dopo nella storia recente transalpina e anche se a vincere alla fine sarà un candidato filo-UE, ci sarà ben poco da festeggiare a Bruxelles, perché il sentimento di riflusso contro i commissari sta già provocando la più grave crisi politico-istituzionale del paese dal Secondo Dopoguerra. Il solo fatto che a poter arrivare all’Eliseo sia uno tra Le Pen e Mélénchon, che in tempi ordinari sarebbero relegati alle ali estreme rispettivamente della destra e della sinistra francese spiega più di mille parole quanta rabbia trasversale a tutti i ceti sociali e a ogni appartenenza politica vi sia oggi in tutta l’Eurozona. (Leggi anche: Perché gli euro-scettici vincono sui partiti tradizionali)