L’attuale ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, si appresta finalmente a diventare il nuovo cancelliere della Germania, ponendo fine al lungo regno di Angela Merkel. Il leader socialdemocratico ha raggiunto in settimana, e a meno di due mesi dall’avvio delle trattative, un accordo con i Verdi e i liberali dell’FDP per la formazione del prossimo governo.

La leader degli ambientalisti, Annalena Baerbock sarà la nuova vice-cancelliera e ministro degli Esteri. Al suo partito spetteranno anche il “super” ministero dell’Economia con tanto di delega sulla protezione del clima, quello alla Famiglia, alla Conservazione dell’Ambiente e all’Agricoltura.

Il leader liberale Christian Lindner sarà il nuovo ministro delle Finanze, mentre ai suoi colleghi di partito andranno Giustizia, Trasporti e Scuola.

Le parti si sono impegnate per sostenere la transizione ecologica, puntando a soppiantare del tutto la produzione di energia tramite le centrali a carbone entro il 2030. Maggiori investimenti saranno destinati alla digitalizzazione e al potenziamento delle infrastrutture, ma i liberali hanno chiesto e ottenuto che non ci saranno aumenti delle tasse e che la regola sul debito pubblico (“Schuldenbremse”) sia riattivata dal 2023, così da consentire la discesa del rapporto debito/PIL, salito al 70% con la pandemia.

Sui conti pubblici la Germania non cambia

Lindner alle Finanze sarà la garanzia di conti pubblici solidi, pur in un governo in cui sia i socialdemocratici che i Verdi vorrebbero spendere di più. La regola del debito, che risale a una decina di anni fa e che è stata perseguita e centrata dal 2014, consiste nell’impedire che il governo federale chiuda il bilancio in deficit. Sono ammessi solo scostamenti minimi rispetto al pareggio di bilancio, vale a dire disavanzi fino allo 0,35% del PIL.

Quello che sta per nascere sarà il primo governo dal Secondo Dopoguerra sostenuto da tre partiti. E i Verdi vi entreranno per la seconda volta nella loro storia.

La prima e sinora unica esperienza risale al periodo che va tra il 1998 e il 2005, quando sostennero i due governi del cancelliere socialdemocratico Gehrard Schroeder. In quegli anni, la Germania fu definita “il malato d’Europa” per via della bassa crescita economica. Berlino chiese e ottenne dalla Commissione europea la sospensione del Patto di stabilità e l’infrangimento del tetto al deficit.

Tuttavia, stavolta ci saranno i liberali a sorvegliare i conti pubblici tedeschi. Su posizioni conservatrici in materia fiscale, sono stati critici persino verso i governi di Grosse Koalition della cancelliera Merkel, i quali eppure si sono distinti per robusti avanzi di bilancio. Se c’è una cosa che Lindner non intende accettare è che l’Eurozona si trasformi in una “Schuldenunion”, cioè una unione di debiti. Respinge l’ipotesi di un bilancio comune con emissioni di Eurobond, tanto per essere espliciti.

Prevarrà il centrismo dell’era Merkel

Al di là delle posizioni rigide di ciascuno e della peculiarità di una coalizione a tre, il nuovo governo finirà per smussare gli angoli con accordi verosimilmente non dissimili da quelli che hanno consentito alla cancelliera uscente di restare al potere per ben sedici anni. Il centrismo di questi decenni non verrà meno neppure sotto Scholz. Non ci saranno né politiche spendaccione, né chiusure ideologiche a un minimo di allentamento fiscale per i partner europei nei prossimi anni. Assisteremo con ogni probabilità a un “déjà vu”, con Berlino a continuare a indossare i panni del buon padre di famiglia.

Certo, i tre leader non hanno ancora spiegato ai tedeschi come intendano mettere assieme l’esigenza di spendere di più per le infrastrutture, l’innovazione digitale e l’ambiente senza fare debiti. A rigore, essendo escluso un aumento delle tasse, non resta che la pista dei tagli alla spesa.

Ma davvero è credibile che questo avvenga sotto una cancelleria di centro-sinistra?

[email protected]