Ieri, l’Arabia Saudita ha presentato il bilancio per il 2016 e allo stesso tempo ha svelato le cifre relative all’anno in corso. E’ stato il primo provvedimento sui conti pubblici sotto il nuovo sovrano, Re Salman, che è salito al trono all’inizio di quest’anno. Nel 2015, il deficit di bilancio è stato pari a 367 miliardi di rial (98 miliardi di dollari), corrispondenti al 16% del pil, meno del 20% temuto dall’FMI, ma di gran lunga più alto del 2,5% dello scorso anno. Le previsioni sono per un rapporto deficit/pil in lieve discesa nel 2016, quando il buco di bilancio è atteso a 326 miliardi.

Petrolio saudita pesa meno sulle entrate

Quest’anno, la crisi del petrolio ha avuto i suoi effetti sull’economia saudita, che ogni giorno estrae oltre 10 milioni di barili. Il greggio ha rappresentato il 73% delle entrate statali, in calo dall’oltre l’80% del 2014. Per questo, Riad punterà sul taglio della spesa pubblica, che nel corso del prossimo anno scenderà del 14% a 840 miliardi di rial. Ma le entrate stesse diminuiranno ancora di quasi il 20% a 513 miliardi. Per questo, la maggiore voce di spesa sarà rappresentata dalla difesa, che accentrerà su di sé 213 miliardi, mentre inizieranno ad essere tagliati i sussidi energetici elargiti alla popolazione. In particolare, il prezzo del carburante viene aumentato del 50% a 33 centesimi di dollaro al litro, un livello certamente ancora bassissimo per il resto del mondo, ma che qui deve fare i conti con uno di partenza risibile. Cresceranno anche i costi delle bollette della luce e dell’acqua, anche se non tali da impattare in maniera significativa sui redditi medi e bassi.      

Nuove tasse e privatizzazioni

Le novità non si fermano qui. La Corona ha annunciato che inizieranno ad essere privatizzate le aziende di stato e che sarà introdotta l’IVA, colpendo, in particolare, il tabacco e le bevande “dannose”.

L’obiettivo del monarca è di rendere la popolazione meno dipendente dalle generose elargizioni statali degli anni passati, rese possibili da un prezzo del petrolio schizzato fin sopra i 100 dollari al barile, quando oggi si attesta a poco più di un terzo di quei livelli. E’ la fine di un’epoca per i sauditi, dove il costo della vita era bassissimo e le famiglie potevano contare sull’aiuto dello stato anche per l’acquisto di una casa.

Sussidi energetici addio, ma non troppo

Il passaggio non è privo di rischi. Nel 2011, l’Arabia Saudita schivò la Primavera Araba, grazie all’alto tenore di vita della sua popolazione, che godendo di notevoli benefici sul fronte economico, ha potuto ignorare altri aspetti delle rivendicazioni esplose negli altri paesi mussulmani, riguardanti il rispetto dei diritti umani e la richiesta di maggiore democrazia. Per questo, nessuno ritiene che Re Salman e il suo influente figlio, il Principe Mohammed bin Salman, taglieranno con l’accetta i sussidi e inizieranno a tassare i redditi e i consumi in stile occidentale. Ciò nondimeno, le basse quotazioni del petrolio hanno fatto scattare nella famiglia Saud quella convinzione che il futuro non potrà essere gestito come il recente passato e che la popolazione dovrà abituarsi a confidare meno nello stato.        

Riserve saudite restano elevate

Se non siamo dinnanzi a una svolta traumatica è solo grazie al fatto che il Regno Saudita ha accumulato dall’inizio del Millennio gli avanzi fiscali realizzati con il boom delle quotazioni, arrivando a detenere lo scorso anno fino a un massimo di 734 miliardi di dollari di riserve. Quest’anno, esse risultano scese di 95 miliardi al 30 novembre scorso a 627,7 miliardi. L’FMI ha avvertito che di questo passo, potrebbero esaurirsi in 5 anni. Anche per attingere meno alle riserve, Riad ha emesso quest’anno bond a medio-lunga scadenza per 20 miliardi di rial e dovrebbe emetterne altri 80 miliardi nei prossimi anni.

Non lo faceva dal 2007. D’altronde, il paese vanta il più basso debito pubblico del mondo, pari al 2% del pil, salito al 6% alla fine di quest’anno, quando era ancora al 99% nel 1999, prima del boom dei prezzi energetici.