Scoraggiano le analisi dei vari analisti nazionali e stranieri sull’aggravarsi della crisi economica in Venezuela. Secondo le stime di Bank of America, a maggio si è registrata nel paese sudamericano un’inflazione annua del 108,1%, mentre alla fine dell’anno dovrebbe attestarsi al 172,4%. L’istituto stima la crescita mensile dei prezzi all’8,7% e ritiene che questi dati suggerirebbero che l’economia si avvii verso l’iperinflazione, un flagello che ovunque si è presentato, ha portato al ripristino del baratto per gli scambi e/o all’uso di valute straniere forti per regolare i pagamenti.

Anche Barclays stima un’inflazione a 3 cifre e spiega che una prova dell’accelerazione dei prezzi negli ultimi mesi sarebbe data dalla mancata pubblicazione di dati ufficiali da parte del Banco Centrale del Venezuela, che non aggiorna le sue stime dal dicembre scorso, mese in cui l’inflazione risultava in crescita su base annua al 68,5%. La vita si fa sempre più dura per i venezuelani, costretti a lunghe file davanti ai negozi per trovare i beni da comprare, essendo gli scaffali quasi del tutto vuoti. In media, mancherebbero 2 beni su 3. Lo scorso anno, la carenza di beni era stimata intorno al 30%. L’ultimo dato ufficiale risale al lontano gennaio del 2014, quando l’indice era fermo al 28%.   APPROFONDISCI – Venezuela, la tragica profezia: presto negozi vuoti, l’inflazione salirà alle stelle  

iPhone 6: paradosso che spiega crisi bolivar

E che alla radice di questa crisi vi sia la gestione straordinariamente inefficiente del cambio lo dimostrano anche i prezzi “pazzi” contro cui ci si può imbattere nel Venezuela. In questi giorni sta facendo scalpore all’estero la notizia che un iPhone 6 nel paese costerebbe 47.678 dollari, una cifra spropositata, quasi 50 volte superiore a quella che mediamente si ha in ogni altro paese. Per spiegare l’anomalia, si deve sapere che per l’ultimo prodotto Apple vengono richiesti 300.000 bolivar, che al cambio ufficiale di 6,3 fanno, appunto, 47.678 dollari.

L’importo vale circa 41 volte il salario minimo mensile di 7.325 bolivar. Tuttavia, il cambio ufficiale non ha ormai da parecchio tempo alcun senso. La valuta locale ha collassato al mercato nero, dove con un dollaro oggi si comprano 465 bolivar. Dunque, un bolivar varrebbe circa il 99% in meno del tasso di cambio ufficiale, che il governo di Caracas utilizza solo per importare beni primari dall’estero, ma che non è ritenuto indicativo nemmeno a livello ufficiale, se è vero che la banca centrale scambia dollari alle aste Sicad a un cambio di 12 e lo stesso governo ha previsto la possibilità di scambiare bolivar contro biglietti verdi su una piattaforma quasi di libero mercato (Simadi) a un cambio prossimo a 200. Dunque, tenendo conto del tasso vigente sul mercato nero, un iPhone 6 costerebbe, in verità, nel Venezuela 645 dollari. Quand’anche si facesse riferimento al Simadi, si avrebbe un costo di quasi 1,300 dollari, nulla a che fare con le cifre stratosferiche ufficiali, che dimostrano come imprese, consumatori e rivenditori calcolino i prezzi sulla base del cambio in vigore sul mercato nero e non di quello ufficiale.   APPROFONDISCI – Venezuela, la crisi del bolivar sarà ancora più devastante per gli analisti  

Elezioni Venezuela saranno una svolta?

Intanto, secondo un sondaggio realizzato da Datanalisis, per la prima volta dopo 16 anni, le opposizioni potrebbero conquistare la maggioranza dei seggi al Congresso, ottenendo circa il doppio dei voti del Partito Socialista del presidente Nicolas Maduro (56,2% contro il 29,8%) alle elezioni del 6 dicembre prossimo. Il tasso di popolarità del presidente è crollato al 25% proprio per la potente crisi dell’economia, l’assenza di dollari e la carenza di beni. Ma che il trionfo – se ci sarà – delle opposizioni possa mutare la gestione dell’economia è molto dubbio. E’ probabile che la reazione del governo sia di avocare a sé i poteri del Congresso, quando già Maduro gode di poteri molto solidi.

Sarebbe, però, il segnale dell’inizio della fine dell’era chavista, iniziata nel 1999.   APPROFONDISCI – Il Venezuela ha fame di dollari e ritira altri 1,5 miliardi dall’FMI