Forza Italia non esiste più. I numeri nel Trentino-Alto-Adige sono tragici: appena l’1% nella provincia di Bolzano e il 3% a Trento, superata nella prima persino da Casa Pound. La Lega di Matteo Salvini ha ottenuto l’11,1% nell’Alto Adige e il 27,8% a Trento. Massimo Fugatti è presidente della provincia di Trento con il 47% dei consensi, battendo il candidato del centro-sinistra, quando la coalizione attorno al PD nel 2013 aveva ottenuto il 58,8%. Il successo di Salvini è stato così eclatante da avere offuscato il declino ormai pietoso dell’alleato Silvio Berlusconi.

Tra gli azzurri l’umore è tetro e il governatore ligure Giovanni Toti, da tempo ribelle contro i vertici del partito, ha invitato ieri l’ex premier a cambiare strategia, giudicando paradossale che Forza Italia faccia opposizione al governo Conte con argomentazioni “snob” simili a quelle usate dal PD contro il governo Berlusconi nel 2011 e che tifi lo spread, lo stesso ad avere provocato la fine dell’ultima maggioranza di centro-destra in Parlamento.

Salvini deve uccidere il centro-destra, l’alleanza con Berlusconi è finita

A schierarsi in difesa della linea ufficiale sono state Mariastella Gelmini e Marca Carfagna, che hanno attaccato le esternazioni di Toti, a conferma di come dentro Forza Italia continui ad essere visto con estrema sofferenza chiunque abbia in mente di contestare le scelte auto-referenziali e calate dall’alto dei vertici. Toti è in guerra aperta contro Antonio Tajani, che in pochi mesi di gestione del partito ha praticamente dimezzato i consensi delle politiche, stando ai sondaggi, battendo su una linea europeista tout court, ergendosi a difensore dell’establishment europeo, lo stesso di cui effettivamente fa parte da presidente dell’Europarlamento e dal quale non intende discostarsi, nella prospettiva di un qualche nuovo incarico anche dopo le prossime elezioni europee.

Tra Tajani e Salvini non è mai corso buon sangue. Nel gennaio dello scorso anno, il primo fu eletto a capo dei deputati di Strasburgo senza i voti del secondo, nonostante il “sì” concessogli da formazioni come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen.

E così, in questi mesi di scontro duro tra governo Conte e Commissione UE, il vice-presidente di Forza Italia ha reso pan per focaccia e si è schierato e ha fatto schierare l’ex premier in favore di Bruxelles, nonostante ciò rappresenti una sorta di sconfessione della linea storica degli azzurri, da sempre in rotta di collisione con i commissari. La linea filo-UE sta portando malissimo a Berlusconi, che ormai è percepito sempre più distante dai propri stessi elettori, persino da molti che avevano continuato a votarlo alle ultime politiche. Per cercare di tentare la risalita dagli abissi in cui è caduta, Forza Italia medita la candidatura dell’ex premier e presidente indiscusso alle europee.

La paura di Berlusconi per la fine del centro-destra

Berlusconi avrebbe dato disponibilità di massima, ma teme l’effetto boomerang, cioè di essere surclassato nelle preferenze personali e nei consensi al partito da Salvini. Sarebbe il triste epilogo di una pur brillante carriera politica. Tajani preme perché si presenti capolista, consapevole che il proprio viso non porterebbe un solo voto in più e, anzi, alienerebbe non pochi elettori. Male che vada, il presidente dell’Europarlamento sfuggirebbe alle proprie responsabilità, di fatto caricando la sconfitta sulle spalle del leader. E nel partito sta scattando un altro allarme, legato alle amministrative. In Toscana, Salvini potrebbe sperimentare l’alleanza elettorale con il Movimento 5 Stelle, nel tentativo di strappare al centro-sinistra la prima regione rossa tra pochi mesi, nel caso in cui il governatore Enrico Rossi si candidasse alle europee e decidesse così di porre fine al proprio mandato in anticipo di un anno.

Berlusconi si candida alle europee e gli alleati lo scaricano

Il centro-destra avrebbe qui reali probabilità di vincere per la prima volta nella storia, eppure dalla Lega giungono segnali temibilissimi per Forza Italia.

I vertici regionali del Carroccio, legati allo schema tradizionale del centro-destra sono stati sostituiti con dirigenti inclini all’alleanza con i 5 Stelle. Al posto del segretario reggente Manuel Vescovi subentra alla guida del partito Susanna Ceccardi, 32 anni, primo sindaco leghista toscano e vicinissima al segretario nazionale. In Toscana, i pentastellati sono forti, ma non tali da potere ambire realisticamente ad espugnare da soli la roccaforte rossa. Presentarsi uniti alla Lega comporta il rischio di alienare l’elettorato più duro e puro, quello spostato a sinistra e che fa capo ad Alessandro Di Battista e Roberto Fico. E nel caso di esito sfavorevole al candidato penta-leghista, l’esperimento avrebbe esiti negativi anche per il governo nazionale e simili tentativi di affrancamento dalla coalizione di centro-destra per Salvini, il quale dalle politiche ad oggi formalmente ha mietuto tutti i successi alle urne insieme agli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Se, però, Lega e 5 Stelle riscuotessero il successo sperato con l’inedita alleanza già in fase elettorale, il centro-destra sarebbe finito all’istante e il PD tremerebbe più di quanto non stia facendo da mesi, visto che l’operazione sarebbe replicata in altre regioni difficili oggi a guida centro-sinistra. A dire il vero, prima della Toscana dovrà votare l’Emilia-Romagna, dove un sondaggio di Piepoli a settembre dava la Lega al 36% e PD e M5S appaiati al 23%. Salvini potrebbe tentare già qui di slegarsi da Berlusconi, ambendo credibilmente a guidare la regione. Il contraccolpo per i dem sarebbe fatale, perché una sconfitta a Bologna sarebbe catastrofica per la sua tenuta sul territorio. E Berlusconi, che già nel 2001 sperava di liberare l’Emilia “dai comunisti”, assisterebbe alla loro disfatta dagli spalti e dovrebbe condividere con i nemici storici il fazzoletto con cui asciugarsi le lacrime.

E al suo fianco non è nemmeno detto che a consolarlo si ritrovi Tajani, indaffarato a conservare una qualche seggiola europea.

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