L’Eurogruppo di ieri, aggiornato dopo il flop della riunione-fiume di martedì, ha trovato un accordo sugli strumenti per affrontare la crisi provocata dall’emergenza Coronavirus. E l’Italia, che pure per bocca del ministro dell’Economia, del commissario agli Affari monetari e del presidente dell’Europarlamento esulta, ne è uscita battuta su tutta la linea. Il documento finale siglato dai ministri delle Finanze dell’area e che sarà trasmesso ai capi di stato e di governo prevede che il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) possa erogare aiuti, nel limite del 2% del pil, senza condizioni, ma a patto che si spenda solamente per la sanità.

Per il resto, i prestiti verrebbero elargiti, comunque, sotto condizioni. Secondariamente, si dà vita a un fondo da 1.000 miliardi di euro per il cosiddetto “Sure”, il fondo europeo che dovrebbe garantire il finanziamento della Cassa integrazione a tutti gli stati UE. Infine, 200 miliardi alle imprese arriverebbero dalla Banca Europea per gli Investimenti.

Eurogruppo rinviato, fallisce (per ora?) il tentativo dell’Italia di ottenere gli Eurobond

Approvata la proposta della Francia, in base alla quale il Consiglio europeo di settimana prossima discuterà di un Recovery Fund, un piano di rinascita per l’economia da 500 miliardi. Quanto al suo finanziamento, parrebbe di capire che si attingerebbe al fondo UE, alimentato dai bilanci nazionali, ossia o si richiedono agli stati membri maggiori esborsi o questo denaro verrebbe sottratto ad altre voci di spesa (agricoltura?). Dunque, niente Eurobond, nonostante il ministro Gualtieri ieri dichiarasse di avere ottenuto che fossero sul tavolo e che il MES possa essere usato senza condizioni. O ha avuto le allucinazioni o ha raccontato balle agli italiani. Una tattica negoziale incomprensibile quella del governo Conte, perché era scontato che sugli Eurobond la Germania non avrebbe ceduto, e assieme a lei nemmeno l’Olanda che fa il lavoro sporco per i tedeschi.

Ma la contropartita non c’è stata affatto. Usciamo con in mano un pugno di mosche.

L’Italia, dicevamo, esce sconfitta su tutta la linea. Vi spieghiamo perché. Tutta la baraonda di queste settimane verteva sul MES. Roma, appoggiata da Madrid e fino a un certo punto da Parigi, chiedeva che il Fondo salva-stati erogasse aiuti incondizionati, sotto forma di prestiti o di Eurobond, così da coprire l’elevatissimo fabbisogno finanziario degli stati nei prossimi mesi, a causa del crollo del gettito fiscale da un lato e delle misure necessarie per sostenere l’economia dall’altro. Ad esempio, abbiamo più volte scritto che l’Italia, tra debito in scadenza e deficit atteso, dovrà emettere per tutto il 2020 qualcosa come la media di 550 miliardi di euro, di cui circa 400 miliardi ancora da emettere da qui a fine anno.

Cosa accade all’Italia

Dopo l’accordo al ribasso di ieri, sappiamo che otterremo fino a un massimo di 35 miliardi dal MES e solo per sostenere le spese sanitarie. In altre parole, non avremo nulla, perché lo stesso governo ha fatto sapere che non ha intenzione di fare richiesta di aiuti al fondo, visto che il suo fabbisogno è relativo alle ordinarie esigenze di spesa, oltre che per finanziare le misure contenute nei decreti di marzo e aprile a favore dell’economia. Dunque, nessun sostegno al debito italiano, che resta in balia dei mercati, pur con l’ausilio del super QE della BCE. Ma come stiamo verificando in queste prime settimane di applicazione delle misure straordinarie varate da Francoforte, pur a fronte di acquisti di BTp doppi rispetto alla quota spettante all’Italia, lo spread si mantiene in area 200 punti. Nel caso di attacchi speculativi, non è detto che i fondi a disposizione bastino a tutelarci, per cui torneremmo punto e a capo.

Quanto ai 1.000 miliardi, ci riserviamo di verificarne le condizioni di erogazione. Già il famoso piano Juncker da 300 miliardi negli anni scorsi non ha esitato un bel nulla. Insomma, si rischia l’ennesima occasione persa per tutta l’Europa, a fronte della peggiore crisi dal secondo dopoguerra. I conti pubblici italiani, poi, sono destinati ad esplodere entro breve, dato che da ieri sera sappiamo con certezza che non beneficeranno di alcun sollievo da parte di Bruxelles. Mugugni all’interno del Movimento 5 Stelle, dove il fronte “sovranista” minaccia di non votare l’accordo in Parlamento. Di certo, la figura del premier esce fortemente ridimensionata. Aveva promesso agli italiani “niente MES e sì agli Eurobond” e si presenterà a Roma con “un MES a condizioni light e niente Eurobond”. Chiamatela pure come volete, ma quella di ieri sera ha tutto il sapore di una resa incondizionata all’asse nordico. E il sistema Paese ne pagherà pesantemente le conseguenze.

Perché gli Eurobond, se ci saranno, dovranno essere fortemente condizionati

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