Il decreto legge che ha “chiuso” Lombardia e altre 14 province tra Emilia-Romagna e Veneto è stato varato dal Consiglio dei ministri nella notte tra sabato e domenica. Alle 2.30 di mattina, il premier Giuseppe Conte lo ha presentato ufficialmente in conferenza stampa, ma i suoi contenuti erano stati resi pubblici già nella serata precedente da diversi giornali online, con tanto di testo in allegato pdf. Questa fuga di notizie ha esitato la fuga di centinaia di persone dalla Lombardia nel corso della nottata, come dimostrano le immagini della stazione di Milano assaltata da persone, tra cui molti giovani, in cerca di un treno per dirigersi al sud, nelle aree di provenienza.

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Senonché, le misure draconiane adottate per affrontare di petto l’emergenza sanitaria ed evitare che dilaghi nell’intero territorio nazionale si sono rivelate un boomerang. Ancora più incredibile che la presentazione del decreto sia avvenuta ore prima che lo stesso fosse pubblicato in Gazzetta Ufficiale, condizione imprescindibile per renderlo esecutivo. Dunque, il premier ne ha anticipato i contenuti alla stampa, dando il tempo a chiunque di aggirare le norme, non ancora vigenti. Ennesima dimostrazione di incapacità gestionale. Ricordiamoci che lo stesso premier stoppò il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, quando pochi giorni fa questi aveva disposto la chiusura delle scuole nella sua regione, salvo estendere la misura a tutta Italia poco dopo.

I passi falsi del premier Conte

La comunicazione è stata accentrata tutta nelle mani del premier, a sua volta in mano a Rocco Casalino, divenuto il cardinale Richelieu di Palazzo Chigi, l’ex concorrente della prima edizione del Grande Fratello, che certo in questi giorni non sta dando il meglio di sé. Il flop comunicativo del governo è stata la carenza più grave della strategia adottata per gestire l’emergenza.

Sempre che una strategia sin dall’inizio vi fosse, cosa ogni giorno più dubbia. L’esecutivo ha trascorso le prime settimane dopo lo scoppio dell’epidemia in Cina a polemizzare con il principale leader dell’opposizione, Matteo Salvini, rivendicando le rotte aeree aperte con l’Asia, salvo chiuderle quando era troppo tardi e, soprattutto, senza riporre attenzione agli scali intermedi, quelli attraverso i quali i passeggeri in volo da e per la Cina hanno continuato ad entrare e uscire dall’Italia come se nulla fosse.

Una volta esplosa l’emergenza nel lombardo-veneto, la reazione non è stata né tempestiva, né decisa. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha inizialmente reagito con hashtag del tipo #milanononsiferma, sostanzialmente lanciando un messaggio rassicurante ai cittadini, in linea con quello del governo, vale a dire che avrebbero dovuto continuare a condurre le loro vite di sempre. Quando le dimensioni del fenomeno sono parse a tutti fuori controllo, è arrivato il contrordine: distanze minime di un metro dagli altri, niente abbracci e baci, annullamento delle manifestazioni pubbliche, lavarsi le mani con frequenza e non frequentare aree affollate. E dopo settimane di botta e risposta, ecco arrivare la richiesta di collaborazione alle opposizioni nel nome di un’emergenza nazionale.

Nemmeno sul fronte economico si sono avute idee chiare su come e in quale misura intervenire. Lo stesso stanziamento dei 7,5 miliardi di euro per fronteggiare le situazioni più critiche si rivelerà certamente molto, molto insufficiente. Viene da chiedersi se sia lo stesso governo, che fino a dicembre rivendicava orgogliosamente l’imposizione delle tasse su zucchero, plastica, giochi e auto aziendali, quando già l’economia arretrava e si dirigeva verso la recessione. Ci sarà un ripensamento anche su questi punti, il governo si cospargerà il capo di cenere e farà marcia indietro, al fine di non soffocare imprese e famiglie più di quanto non stai facendo già l’epidemia?

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Maggioranza inesistente, governo al capolinea

L’inadeguatezza personale dell’avvocato premier è amplificata dall’inconsistenza della maggioranza che lo regge in Parlamento.

Il Movimento 5 Stelle è evaporato come fenomeno politico, privo di idee, visione e proposte per affrontare una fase di questo tipo. Il PD sembra semplicemente calciare il barattolo per arrivare all’elezione del nuovo presidente della Repubblica tra meno di due anni, ma non possiede alcuna strategia e alcun indirizzo per i prossimi mesi. E Matteo Renzi oscilla tra minacce e ritorno all’ovile, frustrato dall’assenza di consensi per la sua Italia Viva. Insomma, una non maggioranza che si è dimostrata non all’altezza nemmeno di redigere una legge di Bilancio in tempi, tutto sommato, ordinari e che a maggior ragione non sa che pesci prendere con il Coronavirus.

Che il Quirinale sia irritato con Conte sulla gestione dell’emergenza lo sanno anche le pietre. Difficilmente, avallerà tentativi di rovesciare l’esecutivo in questa fase, perché aggiungere una crisi politica a una sanitaria, economica e finanziaria sarebbe forse troppo. Ma l’epidemia non tiene Palazzo Chigi al riparo dalle intemperie. Il premier si trova come in una condizione di quarantena politica, monitorato costantemente dal medico Sergio Mattarella, con tanto di termometro in mano per misurare a più riprese la temperatura del Paese. E quando tutto questo – speriamo presto – sarà finito, gli verrà fatta firmare una lettera di dimissioni. Ma se la situazione dovesse precipitare sul fronte sanitario e/o finanziario, è probabile che il governo non superi la primavera.

Lo spread oggi è salito a 230 punti base, mentre Piazza Affari è letteralmente precipitata in apertura, perdendo fino all’11% e scivolando ai minimi da 14 mesi. Di fatto, anche la litania per cui i mercati finanziari prediligano questo governo come alternativa ai “populisti” del centro-destra inizia a vacillare. La crisi dei BTp si fa seria, con i nostri rendimenti a 10 anni a +100 punti base rispetto a quelli spagnoli, con la curva delle scadenze sostanzialmente vicinissima a quella della Grecia, segnalando l’eccezionalità negativa dell’Italia.

Anche i mercati bocciano il Conte-bis. E di amici a questo governo non sembrano esserne rimasti molti in giro.

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