Campagna elettorale al via, accordo chiuso con gli alleati di centro-destra su indicazione del premier e spartizione dei collegi uninominali. Giorgia Meloni si gioca tutto alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Potrebbe essere la prima donna a guidare il governo nella storia d’Italia. Sente il peso della responsabilità, che in queste settimane la spinge a ostentare una maggiore prudenza rispetto a Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Quando quest’ultimo propose qualche settimana fa di innalzare le pensioni minime a 1.000 euro al mese, la leader di Fratelli d’Italia ha invitato la coalizione a fare promesse ragionevoli.

Sa perfettamente che se entrasse a Palazzo Chigi, i mercati e l’Europa se la prenderebbero con lei per eventuali misure di spesa dubbie.

Flessibilità “selettiva” per Meloni

Sulle pensioni il centro-destra si gioca una parte significativa del suo consenso. Le proposte in campo sono al momento due: quota 41 e aumento delle minime. La Lega si fa bandiera della prima. Vorrebbe mandare in pensione tutti i lavoratori che abbiano versato almeno 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Forza Italia punta, invece, a tutelare i pensionati a basso reddito. E Meloni? Ha invitato anche Salvini a una proposta più prudente, sostenendo che bisognerebbe concedere maggiore flessibilità preferibilmente a coloro che hanno una carriera lavorativa frastagliata, magari che abbiano iniziato a lavorare dopo il 1995 e, pertanto, rientrano nel contributivo puro. E ammorbidirebbe le regole previdenziali a favore anche di categorie specifiche, come chi svolge lavori gravosi.

Risorse dal reddito di cittadinanza alle pensioni?

Se c’è una battaglia della destra di questi anni, essa riguarda la possibilità di cumulare i redditi da lavoro con la pensione fruita dagli invalidi parziali. Chiaramente, si tratterebbe di estendere l’attuale legislazione, che già prevede la totale cumulabilità con il sistema misto e retributivo. Quanto, infine, alle pensione minime, in passato anche Fratelli d’Italia aveva palesato l’idea di innalzare a 1.000 euro al mese.

Tuttavia, non sembra verosimile che tale proposta sarà ribadita dall’onorevole Meloni anche in questa campagna elettorale. Il costo stimato sarebbe altissimo (non meno di 18 miliardi) e le risorse non ci sono. Inoltre, attirerebbe gli strali di mercati, Europa e categorie produttive.

Una parte della maggiore flessibilità sarebbe finanziata dalla revisione del reddito di cittadinanza. Nel programma di coalizione non c’è alcun riferimento alla sua abolizione, come eppure chiedeva Salvini. Probabile, invece, che le risorse per il sussidio (circa 10 miliardi all’anno) saranno concentrate sugli inabili al lavoro. I risparmi – non superiore a qualche miliardo all’anno – sarebbero investiti nel capitolo pensioni.

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