Pensioni minime a 1.000 euro per tutti. Parte in quinta la campagna elettorale del centro destra e in particolare di Silvio Berlusconi per vincere le elezioni. Un cavallo di battaglia già cavalcato in passato.

Slogan elettorale o programma fattibile realmente? I dubbi si rincorrono anche perché la spesa pensionistica italiana ha già raggiunto livelli astronomici: 312 miliardi di euro nel 2021, secondo l’Inps. Innalzare le pensioni a 1.000 euro quanto ci costerebbe?

Pensioni minime a 1.000 euro

Di base c’è da dire che oggi, a differenza del passato, portare le pensioni minime a 1.000 euro avrebbe un costo inferiore.

Vuoi perché gli assegni da integrare al trattamento minimo sono sempre meno, vuoi anche perché oggi l’importo ha raggiunto 524 euro al mese. Cifra che salirà a circa 560 euro il prossimo anno per effetto della perequazione.

Non c’è comunque dubbio che l’intervento per integrare le pensioni al minimo di 1.000 euro al mese per 13 mensilità avrà un impatto pesante sui conti dello Stato. Cosa che difficilmente otterrebbe l’avallo di Bruxelles e soprattutto – come dice il premier Mario Draghi – non sarebbe finanziariamente sostenibile.

Si tratterrebbe quindi di andare a trovare le risorse necessarie per sostenere la riforma promessa da Silvio Berlusconi. Circa 10-12 miliardi all’anno solo per innalzare l’integrazione al trattamento minimo a 1.000 euro per tutti.

Dove recuperare le risorse

Dove si possono trovare questi soldi? Semplice: dal reddito di cittadinanza. L’idea, circolata settimane orsono, di una parte della politica e dei lavoratori sarebbe infatti quella di abolire o ridimensionare il sussidio a pioggia tanto controverso.

Al suo posto si potrebbe introdurre una forma di incentivazione al lavoro, tipo ex lavori socialmente utili, risparmiando appunto la cifra che potrebbe essere destinata alle pensioni minime da 1.000 euro al mese.

La manovra sarebbe sostenibile finanziariamente perché si andrebbero semplicemente a spostare risorse da una parte all’altra della spesa statale.

Senza togliere nulla ai più bisognosi che verrebbero collocati a disposizione dei Comuni per lavori retribuiti di pubblica utilità.

Contrario, ovviamente, il M5S che non è disposto minimamente a sacrificare il reddito di cittadinanza per questa causa. Ma questo si sapeva già. Eppure il fronte dei lavoratori, cioè chi produce e contribuisce ogni anno al sostegno economico del Paese, sarebbe d’accordo.