Saranno ricordate forse come le elezioni regionali tra le più noiose della storia televisiva. Il testa a testa appassionante non c’è stato tra i candidati a governatore, anzi i giornalisti non sapevano come trattenere sintonizzati i telespettatori subito dopo le proiezioni pomeridiane. Lo si sapeva sin dalla vigilia che Massimiliano Fedriga sarebbe stato rieletto. Il dubbio era solo sulle percentuali: bulgare o da nazione occidentale? Ha vinto la Bulgaria. Due elettori su tre in Friuli-Venezia-Giulia hanno optato per il suo bis.

Certo, a votare sono andati in pochini: 45% degli aventi diritto. E già non è che la regione del nord-est sia popolosissima: appena 1,2 milioni di abitanti. Dunque, un test nazionale senza esagerare nelle conclusioni.

Il Friuli premia Salvini, niente effetto Schlein

Tuttavia, gli spunti di riflessione ci sono. Con quell’aria un po’ così, da bravo ragazzo gentile e che non alza la voce, Fedriga è il primo governatore ad avere ricevuto il secondo mandato in Friuli. E la sua lista ha sfiorato il 18%, che è tanto se si considera che non ha sottratto un solo voto alla Lega, partito a cui appartiene. Il Carroccio è arrivato primo in assoluto con il 19% tondo. Matteo Salvini può sorridere. Pochi mesi di governo e, inventandosi il ruolo di “ministro del fare”, sta risalendo la china nei consensi. Sembra alle spalle il Matteo “che dice cose un tanto al chilo” degli anni passati.

Fratelli d’Italia è secondo partito con il 18,1%, molto meno delle politiche, ma a sua difesa c’è che la lista del candidato governatore parte generalmente sempre avvantaggiata. E Giorgia Meloni fino a solo un anno fa queste percentuali in terra padana se le sognava. Nel complesso, centro-destra al 63,6%. Meglio di così non poteva andare. Fin qui, gli sbadigli. I dati più interessanti riguardano le opposizioni di Trieste e Roma. Questa è stata la prima tornata elettorale per il Partito Democratico con la nuova segretaria.

Si guardava all’effetto Schlein, cioè non alla vittoria del candidato giallo-rosso Massimo Moretuzzo, a cui non credeva praticamente neppure il diretto interessato. Semmai, girava tra le redazioni la soglia del 20% per il PD, sopra la quale sarebbe stato un successo.

Alleanza giallo-rossa non decolla

Invece, il PD scende dal 18% delle politiche al 16,5% ed è solo quarta lista per consensi. Vero, Elly Schlein ha diverse attenuanti. La prima è che Moretuzzo non lo aveva scelto lei come candidato, in quanto risale all’era Letta. La seconda è ancora più logica: è a capo del PD da poche settimane. Terzo: le elezioni in Friuli non erano il terreno più congeniale per rivelare le sue doti di leader. Sarebbe stato come chiedere a un Salvini o Meloni esordiente di testarsi con i risultati in Emilia-Romagna o Toscana.

Detto questo, l’alleanza tra PD e Movimento 5 Stelle avrebbe potuto anche intaccare i consensi di Fedriga ottenuti nel 2018, quando ammontarono al 56%. Invece, è andata persino peggio. L’alto astensionismo continua a colpire il centro-sinistra, perché evidentemente gli elettori non ritengono l’offerta politica di loro gradimento o anche solo credibile. Ma, soprattutto, davvero Schlein pensa che accordandosi con Giuseppe Conte potrà mettere su una coalizione con-vincente? I 5 Stelle hanno ottenuto in Friuli il 2,4%, un risultato catastrofico. Va bene che non sono mai andati bene alle amministrative, va bene anche che al Nord hanno raggiunto sempre percentuali penose, ma queste cifre sono ridicole per un partito che nella media nazionale ottiene almeno il 15%.

Il fatto è che i pentastellati senza il tormentone del reddito di cittadinanza non vanno da nessuna parte. Non hanno alcunché da proporre, anche perché in quattro anni e mezzo al governo hanno fatto tutto e il suo contrario. Pescano al Sud tra disperati veri e altri allergici al lavoro, vogliosi di assistenza a vita.

Per il resto, non classificati. Il loro flop ha tenuto la coalizione sotto il 30% in Friuli.

Terzo Polo in fondo alla classifica

E poi il fantomatico Terzo Polo, che qui si presentava con Azione e +Europa uniti. Ottengono il 2,8% come lista, piazzandosi quarti. E dire che proprio il Nord laborioso e produttivo sarebbe, in teoria, il terreno di gioco più favorevole a Carlo Calenda e Matteo Renzi. Sono stati scavalcati persino dalla candidata civica di destra e definita “no vax”, Giulia Tripoli, con il 4%. In pratica, i centristi sono diventati irrilevanti. A destra li vedono come possibili alleati della sinistra e a sinistra come possibili alleati della destra.

In conclusione, Schlein sta spostando l’agenda del PD a sinistra, riuscendo nei sondaggi a riportare i consensi sopra quelli dei potenziali alleati dei 5 Stelle. Ma su questa via non sfonderà mai al Nord con parole d’ordine come salario minimo, sussidi e immigrati. Al Sud, dovrà vedersela proprio con gli uomini e le donne di Conte, oltre che con la diffidenza della popolazione verso una sinistra sempre più progressista. Per non parlare della fronda che già s’intravede in Campania con quel Vincenzo De Luca non intenzionato a mollare la poltrona di governatore rinunciando al terzo mandato. I 5 Stelle hanno dimostrato alle politiche di essere risorti, pur dimezzati rispetto al 2018, puntando sul reddito di cittadinanza. Ma questo disco rotto per un’altra legislatura reggerà alla riscrittura del sussidio da parte del governo Meloni? Davvero l’ex premier può pensare di prendere voti sempre e solo parlando a una minoranza del Sud?

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