Le cattive notizie dal mercato delle “commodities” si moltiplicano. Se il prezzo del petrolio è esploso ai massimi da tre anni a questa parte, raggiungendo finanche gli 80 dollari al barile, quello del gas sta provocando una vera crisi energetica in Europa. E adesso arriva anche il boom delle quotazioni per il silicio metallico, elemento fondamentale per svariati settori produttivi legati all’automotive, all’elettronica di consumo e alla costruzione dei pannelli solari.

In Cina, il silicio è schizzato in un paio di mesi da circa 15.000 (2.000 euro) a quasi 70.000 yuan (9.345 euro), segnando un boom del 350%.

Non solo si tratta di nuovi massimi storici, ma praticamente dall’inizio del secolo il metallo si è sempre tenuto tra 10.000 e 15.000 yuan. E’ successo, però, che il Partito Comunista Cinese abbia imposto alle aziende che consumano molta energia di tagliare le produzioni del 90% rispetto ai livelli di agosto, in modo sia da contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti, sia per risparmiare elettricità, date le carenze di questa fase.

Produzione di silicio in Cina al collasso

Nel caso del silicio metallico, la provincia di Yunnan ha già accusato le misure. Essa contribuisce per il 20% della produzione nazionale. E anche la provincia di Sichuan, dove si concentra un 13% della produzione, sta affrontando gli stessi problemi. Invece, lo Xinjiang deve ancora subirne gli effetti. E parliamo della prima realtà produttrice nel Dragone asiatico. In altre parole, il prezzo del silicio sarebbe persino destinato a lievitare ulteriormente.

Già oggi, comunque, molti comparti stanno accusando il colpo. Del resto, la Cina incide per il 64% della produzione mondiale di silicio e quest’anno dovrebbe esportarne circa 800.000 tonnellate, stando a S&P Global. Senza questa fondamentale materia prima, la carenza di chip non solo non finirà presto, ma si aggraverà nei prossimi mesi. Esso è impiegato per la produzione di componenti elettroniche, per cui risulta essenziale per i dispositivi elettronici, così come anche per la costruzione di automobili e di pannelli solari.

Al netto di un eventuale ulteriore aggravamento della crisi, le stime ad oggi parlano di oltre 200 miliardi di dollari di fatturato perso dalle case automobilistiche per effetto delle minori unità di veicoli prodotte a causa della carenza di chip. La crisi del silicio rischia di impattare ancora più negativamente sulla ripresa dell’economia mondiale dopo la pandemia. Non solo interi comparti potrebbero ripiegare, ma l’inflazione diverrebbe meno temporanea di quanto sinora auspicato e creduto dalle principali banche centrali. Resta da capire se dietro a questa ennesima emergenza non vi sia una politica deliberata della Cina per ricattare le economie occidentali e farle desistere dall’intraprendere qualsivoglia azione ritorsiva sul piano commerciale.

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