L’Italia non fa un figurone nelle classifiche internazionali sul grado di educazione finanziaria. Due su tre non sembrano capaci di rispondere a una domanda semplicissima, ad esempio se con un’inflazione dell’1% dopo un anno riuscirebbero a comprare più, meno o gli stessi beni dell’anno prima spendendo la stessa quantità di denaro. All’estero c’è una grande attenzione alla programmazione del proprio bilancio familiare, mentre nel nostro Paese non vi si dedica granché di tempo. Non tutto va storto, comunque.

Perché se è vero che siamo un po’ approssimativi quando abbiamo a che fare con i mercati finanziari, d’altra parte risultiamo essere tra i popoli meno indebitati nel mondo ricco. Siamo più austeri dei tedeschi e molto più degli americani, tanto per avere un raffronto immediato.

Ricchezza finanziaria ancora in gran parte liquida

Ma indebitarsi poco o il giusto non è di per sé sufficiente per farci dire che abbiamo una buona educazione finanziaria. Siamo anche noti per impiegare con scarsi risultati i risparmi, cioè i risultati dei nostri sacrifici. Quando ancora oggi, con un’inflazione salita fino ai massimi da inizi anni Ottanta, teniamo liquidità quasi totalmente infruttifera in banca per quasi 1.800 miliardi di euro, significa che qualcosa non va. O non ci fidiamo dei mercati e siamo atavicamente avversi al rischio o non sappiamo da dove iniziare.

A fine 2021, prima che il boom dell’inflazione si trascinasse dietro l’aumento dei tassi d’interesse e provocasse veri sconquassi in borsa, la ricchezza finanziaria delle famiglie risultava pari a 5.256 miliardi di euro. Il dato era salito del 47,8% nell’arco di un decennio, cioè di 1.699 miliardi in valore assoluto. In termini medi annui netti, parliamo di un +4%. Non è affatto male, specie considerando che nello stesso periodo l’inflazione era stata bassissima, in media sotto l’1%. Siamo stati capaci come popolo di accrescere la nostra ricchezza, pur possedendo un’educazione finanziaria medio-bassa.

Ipotesi portafoglio 60/40 tra 2011 e 2021

Il punto è che avremmo potuto fare meglio. Di tanto o di poco, dipende da dove avremmo investito. Noi abbiamo ipotizzato di avere destinato a fine 2011 il 40% della nostra ricchezza finanziaria di allora ai bond. Il restante 60% supponiamo di averlo investito in borsa. Insomma, stiamo simulando un portafoglio 60/40, che negli ultimi anni è stato considerato un po’ datato, per quanto ancora riferimento per gli schemi d’investimento classici e non arditi.

Iniziamo dal mercato obbligazionario. Se avessimo investito per ipotesi un terzo di quel 40% nei BTp a 10 anni, un terzo nei Bund a 10 anni e un ultimo terzo nei T-bond americani sempre a 10 anni, dai circa 1.420 miliardi iniziali avremmo ottenuto alla fine del decennio sopra 2.000 miliardi netti. Abbiamo considerato anche l’effetto cambio per i bond degli Stati Uniti.

Per gli ipotetici investimenti in borsa, abbiamo preso a riferimento l’indice MSCI World. Esso ci dice che nei dieci anni alla fine del 2021, le azioni risultavano cresciute del 164%, una volta convertite tutte le variazioni in dollari USA. Al netto dell’imposizione fiscale, il nostro capitale sarebbe passato da circa 2.135 a 4.265 miliardi. In sostanza, sarebbe raddoppiato. Tirando le somme, avremmo avuto nel 2021 una ricchezza finanziaria intorno ai 6.300 miliardi, ben più dei 5.256 miliardi segnalati dalla Banca d’Italia. Stiamo parlando di qualcosa come +1.000 miliardi, circa +20%. Può non sembrare tanto, ma dovete tenere conto che abbiamo fatto ipotesi d’investimento spicciole. Avremmo potuto destinare una quota superiore alle azioni o diversificare di più la componente obbligazionaria per ottenere rendimenti più alti, ma a fronte di un rischio maggiore.

Educazione finanziaria necessaria per affrontare inflazione e tassi alti

Cosa vogliamo intendere con ciò? La scarsa educazione finanziaria media delle famiglie italiane non ha impedito loro di gestire con oculatezza i propri averi in uno dei periodi peggiori della storia economica moderna in Italia.

Per il futuro rischiamo, però, di compiere passi indietro se non riusciamo a sfruttare le occasioni che ci offre il mercato con tassi in netta ripresa dopo l’era dei tassi negativi. E con un’inflazione che non perdona, sarebbe drammatico per i nostri standard di vita.

Dalla fine del 2021 si registra una corsa ai titoli di stato che non si verificava da decenni. Sale la quota in mano alle famiglie italiane, che in valore assoluto hanno acquistato in appena quindici mesi 96,6 miliardi netti di BTp. Sarebbe poco saggio esporsi in misura eccessiva verso un solo asset ed emittente. Ad ogni modo, rispetto al passato sembra essere tornata la voglia di investire e di non lasciare più il proprio denaro in mano a chi non lo remunera tra una scusa e l’altra. E’ già un buon primo passo.

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