Sarà vero che fare debiti in Italia conviene ancora? L’economista Carlo Cottarelli, ex dirigente del Fondo Monetario Internazionale, sostiene di sì. Considerato che tutti noi sappiamo di essere un Paese ultra-indebitato, sembra strano che a dire il contrario sia proprio l’uomo della “spending review”, ovvero il padre dei tagli alla spesa pubblica improduttiva proposti quasi un decennio fa e rimasti lettera morta.

Il candidato del PD al Senato in Lombardia, noto per le sue posizioni a favore dell’austerità fiscale, quindi promotore di aumenti delle tasse e/o tagli alla spesa pubblica, ha dichiarato nei giorni scorsi che indebitarsi non deve essere considerato rischioso.

Neanche in questa fase di rialzo dei tassi di mercato. La ragione sarebbe semplice: i tassi reali restano profondamente negativi. Vediamo cosa significa.

Il costo di fare debiti per il cittadino

Lo stato italiano ordinariamente accende debiti per pagare i precedenti arrivati a scadenza e farne di nuovi. Lo fa ai tassi di mercato, aumentando i costi per i contribuenti. Infatti, la spesa per gli interessi grava sul bilancio dello stato ed è pagata dai cittadini in forma di tasse più alte e tagli ai servizi pubblici. E’ quanto accaduto negli ultimi decenni: tasse alte e tagli ai servizi per fare quadrare i conti, con la conseguenza che le liste di attesa nella sanità si sono allungate, le buche nelle strade sono diventate voragini permanenti e così via.

Negli ultimi mesi, a causa del boom dell’inflazione, il tasso d’interesse riconosciuto a chi investe in titoli di stato è salito dallo 0,78% di gennaio al 2,57% di agosto. Un apparente vantaggio per chi acquista obbligazioni, ma che nasconde costi più alti per i contribuenti. Costi, che si traducono per l’appunto in servizi più scadenti e tasse più alte da pagare.

Dunque, fare debiti è diventata un’operazione molto più costosa? Sì e no.

I tassi d’interesse, in verità, poco ci dicono sul costo reale sostenuto dal Tesoro. In effetti, è vero che stiamo indebitandoci a tassi medi, ormai multipli rispetto ai livelli dello scorso anno, ma d’altra parte l’inflazione è schizzata ai massimi livelli dal 1986. Ad agosto, i prezzi al consumo sono cresciuti dell’8,4% su base annua.

Le ragioni a metà di Cottarelli

Cosa significa questo? I tassi reali sono paradossalmente diminuiti, nel senso che l’inflazione è cresciuta più velocemente degli interessi. Una buona notizia per i conti pubblici, perché ciò sta a indicare che il un debito pubblico è più sostenibile per il Paese. Dunque, tutto a posto? Per niente. E’ vero che fare debiti oggi risulta meno costoso di un anno fa, ma del resto l’inflazione non resterà così alta – si spera – a lungo. Nel frattempo, però, la massa di debiti emessi lievita. Quest’anno, si avvicina già alla soglia dei 2.800 miliardi di euro, a fronte di un PIL che si prevede non raggiungere i 1.900 miliardi a fine 2022.

La corsa dell’inflazione costringe la BCE ad alzare i tassi d’interesse. Malgrado l’elevatissimo rapporto tra debito e PIL, l’Italia nel decennio passato è rimasta a galla proprio grazie ai bassi tassi BCE e ai due programmi monetari varati nel 2015 e nel 2020: il “quantitative easing” e il PEPP. Il primo, in particolare, aveva l’obiettivo di aumentare l’inflazione nell’Eurozona fino a questa estate. In conclusione, fare debiti può essere conveniente solo nel breve periodo. Il rischio è pagarne il prezzo nei prossimi anni.

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