L’ultimo dato pubblicato dalla Banca d’Italia sul debito pubblico nel mese di giugno ha acceso i fari sulle condizioni delle finanze dello stato al termine dell’esperienza di governo di Mario Draghi. Ennesimo record storico, con lo stock salito di oltre 11 miliardi a 2.766,4 miliardi di euro. I numeri, tuttavia, vanno compresi nel loro insieme. Che il debito pubblico italiano sia altissimo – 150,8% del PIL nel 2021 – non v’è dubbio alcuno. Questo non significa, però, far scattare l’allarme a ogni piè sospinto.

Per prima cosa, la crescita nei primi sei mesi dell’anno è stata di 88 miliardi tondi. Rapportati ai 2.678,4 miliardi di debito a fine 2021, l’incidenza è stata del 3,3%. Tanto, poco?

Per rispondere a questa domanda, bisogna fare riferimento anche all’andamento del PIL. La crescita acquisita nel primo semestre è stata del 3,4%. In assenza di variazioni trimestrali, al 31 dicembre prossimo questo sarebbe il tasso di crescita dell’economia italiana nell’intero anno. E poi c’è l’inflazione: il dato FOI dell’ISTAT ci dice che al 30 giugno scorso i prezzi al consumo erano cresciuti del 5,4% da inizio anno. Andando a sommare questo dato al 3,4% del PIL reale, troviamo che il PIL nominale starebbe salendo a un ritmo di poco inferiore al 9%. Attenzione, perché l’inflazione FOI tecnicamente non corrisponde al deflatore del PIL utilizzato dal governo per i calcoli ufficiali. Questo è ancora atteso nell’ordine del 3,4%. Tenendo per buono quest’ultimo dato, il PIL nominale viaggerebbe a poco meno del +7%.

La vera corsa del debito pubblico

Tirando le somme, otteniamo che la crescita del debito pubblico in Italia tra dicembre e giugno è risultata essere nettamente inferiore a quella del PIL nominale. E ciò ci rassicura sul fatto che il rapporto debito/PIL sia destinato a scendere, malgrado tutto. E non è tutto. Di quegli 88 miliardi di crescita del debito nei primi sei mesi del 2022, 38,7 miliardi si devono alle maggiori disponibilità liquide del Tesoro.

In altre parole, come sempre accade nella prima parte dell’anno, il governo ha raccolto più capitali sul mercato di quanti gliene servissero per finanziare il deficit delle Amministrazioni pubbliche. Perché? A scopi prettamente cautelativi.

Al netto delle maggiori disponibilità liquide, il debito pubblico italiano nel primo semestre sarebbe cresciuto solo di 49,3 miliardi, qualcosa come l’1,8%. E questo non è un aspetto secondario, perché verosimilmente nel corso del secondo semestre questo eccesso di liquidità sarà impiegato dal Tesoro per ridurre le emissioni di debito pubblico, specie a fronte di eventuali aumenti dei rendimenti sovrani. Dunque, staremmo registrando un debito che cresce di quasi il 2%, mentre il PIL nominale di quasi il 7%. La situazione è sotto controllo. Il rapporto debito/PIL con questi numeri scenderà di certo anche nel 2022.

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