Il progetto di Superlega inizia a prendere forma, anche se non si capisce ancora chi gestirebbe e su quali piattaforme i diritti TV. Un problema che va risolto quanto prima per dare solidità e credibilità all’annuncio di domenica sera delle 12 squadre “ribelli”. Tra queste, troviamo Juventus, Inter e Milan, tutte a rischio espulsione dalla Serie A e dalle competizioni in Champions ed Europa League. La UEFA è stata durissima nella giornata di ieri, pur tendendo la mano ai club coinvolti, specie quelli non inglesi.

Ma il presidente Aleksander Ceferin ci è andato molto pesante sui protagonisti di questa Super League, sostenendo che siano “personaggi avidi”, “meschini”, disinteressati al calcio e interessati solo al denaro. In più, ha definito Andrea Agnelli “un traditore”. Insomma, volano gli stracci, ma tutti sono consapevoli che senza un accordo vi sarebbe un terremoto, a partire dai diritti TV.

In effetti, le media company che si sono aggiudicate i diritti TV per i campionati nazionali e i tornei europei si vedrebbero svalutato il prodotto acquistato, qualora le 12 squadre di Super League venissero espulse dai primi e non partecipassero chiaramente neppure ai secondi. Ci sarebbero gli estremi per chiedere la rinegoziazione? Probabilissimo, perché una cosa è che compri la Champions sapendo che certamente alcuni match saranno disputati da tutti i grandi, un’altra che ti ritrovi il Lipsia, l’Atalanta e lo Shakhtar Donetsk.

Quanto varrebbero i diritti TV di Superlega

Ma c’è un’altra domanda che si rincorre in queste ore in tutte le sedi di questa vicenda: quanto varrebbero i diritti TV di Super League? Il punto di partenza sono i circa 2 miliardi di euro a stagione della Champions League. Un gruzzolo, da dividersi (pur in base a svariati criteri) tra 32 squadre, 36 a partire dal 2024 con il nuovo format. Ma la National Football League (NFL) negli USA incassa 10,3 miliardi di dollari a stagione dai diritti TV, una cifra che sembra ancora più stratosferica, se si pensa che le competizioni non sono quasi affatto seguite all’estero.

Dunque, un torneo relegato a poco più di 300 milioni di tifosi potenziali frutta il quintuplo di uno che potrebbe essere seguito da un massimo di 4 miliardi di tifosi nel mondo. Come mai? Semplice, le gare di Champions avvengono spesso tra club secondari, attirando scarso interesse di pubblico. Se la Super League, che raccoglierebbe le 20 squadre più prestigiose e vincenti d’Europa, riuscisse a tendere ai livelli della NFL, introiterebbe dai diritti TV qualcosa come 4-5 volte in più della Champions oggi. Sarebbe una manna dal cielo per i club aderenti, che vedrebbero aumentati i ricavi, la stessa visibilità, pur a fronte di rose spesso più costose per restare all’altezza della sfida. dai

Già, ma la UEFA minaccia sanzioni durissime per costi potenziali pari a un multiplo dei maggiori diritti TV incassati. Eppure, non è detto che abbia dalla sua il diritto comunitario. il deputato della Lega, Guglielmo Picchi, ha ieri pubblicato un articolo, nel quale cita la sentenza relativa al caso T-93/18 della Corte Generale della UE. La International Skating Union (ISU) citò in giudizio alcune squadre, ree di volere partecipare a tornei organizzati da terzi. Il giudice europeo diede ragione a queste ultime, facendo notare come le federazioni nazionali e internazionali che gestiscono uno sport siano tenute a osservare gli articoli 101, 102 e 106 del TFUE. In soldoni, devono garantire agli iscritti la libertà di partecipare al mercato.

Uefa – Super League: ricorso al giudice UE dall’esito non scontato

La ISU voleva espellere le squadre “ribelli” dal suo torneo, ma perse il ricorso. Perché sarebbe diverso con il calcio? La UEFA non detiene alcun diritto di monopolio del calcio europeo, sebbene probabilmente punterà sulla “slealtà” dei club aderenti.

Questi hanno firmato accordi senza informare in anticipo la UEFA e segnalando di volere organizzare tornei alternativi. Insomma, in tribunale ci sarebbe da divertirsi, ma è molto probabile che nessuno adirà il giudice. Il compromesso sarebbe trovato proprio sui diritti TV e sul format della nuova Champions League.

Le big pretendono maggiori incassi e un meccanismo più automatico per l’accesso al torneo. Al di là del fiume di insulti arrivati da UEFA, governi e Commissione UE, tutti dovranno fare i conti con questa realtà. Del resto, i politici dovrebbero spiegare perché mai a società private sarebbe impedito di organizzare un torneo a sé. E dovrebbero altresì chiarire se per “valori dello sport” intendano che uno sceicco paghi una penale da 222 milioni di euro per rilevare un giocatore da un’altra squadra, iniettando liquidità alla propria grazie a sponsorizzazioni “gonfiate” ed elargite da società gravitanti sempre attorno alla gravità. Ogni riferimento al PSG è voluto. La UEFA ha messo per troppi anni sotto torchio i bilanci di alcuni club senza padrini forti, salvo fingere di non vedere lo squallore di quanti nel frattempo stessero rovinando il calcio europeo con pratiche vergognosamente sleali.

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