Non ci sono rilevanti novità per il Documento di economia e finanza (Def) per il 2024 rispetto alle previsioni del settembre scorso. Non fosse altro che per il fatto che sia stato varato monco. In esso non risultano contenute le previsioni programmatiche, bensì solo quelle tendenziali. In pratica, il governo di Giorgia Meloni non ha svelato quale sarà l’impatto sui dati macroeconomici delle misure che intende adottare per il triennio 2024-2026. E c’è una ragione: in virtù dell’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità, ha spiegato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, la Commissione europea ha chiesto agli stati comunitari di passare alla redazione del Piano fiscale strutturale entro il 20 settembre.

Si tratta di un documento più snello dell’attuale e Roma è intenzionata a presentarlo prima della scadenza indicata.

Def 2024 light

Questa è la spiegazione formale del Def 2024 in versione light. La spiegazione più maliziosa sarebbe che il governo non volesse esporsi riguardo alle prospettive economiche e, soprattutto, all’eventualità di varare una manovra di correzione dei conti pubblici. L’ipotesi è stata fortemente negata dallo stesso Giorgetti. La verità, come vedremo, è che sulle previsioni grava l’effetto Superbonus.

Effetto Superbonus sui conti pubblici

Effetto Superbonus sui conti pubblici © Licenza Creative Commons

Effetto Superbonus sui conti pubblici

Il Def 2024 prevede per l’anno in corso una crescita del Pil dell’1% contro l’1,2% stimato a settembre, ma sempre sopra lo 0,6% atteso dalla Banca d’Italia e lo 0,7% di Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea. Per l’anno prossimo crescerebbe dell’1,2%, nel 2026 dell’1,1% e nel 2027 dello 0,9%. Quanto al debito pubblico, risalirà al 137,8% quest’anno dal 137,3% del 2023, arrivando al 138,9% nel 2025 e fino al 139,8% del 2026. Rispetto alle previsioni di settembre ci troviamo dinnanzi a scostamenti di qualche decimale al rialzo.

Infine, il deficit resta fissato al 4,3% per quest’anno, scendendo al 3,7% nel 2025, al 3% nel 2026 e al 2,2% nel 2027.

A settembre, le stime per il 2025 e 2026 erano dello 0,1% più basse. Insomma, nessuna realtà sostanziale dal Def 2024. Dicevamo, pesa il Superbonus. Al 31 marzo scorso, le detrazioni ammesse per i lavori realizzati ammontavano a 122,4 miliardi di euro. Il dato che più spaventa Giorgetti è il ritmo con cui questa montagna tende a crescere: +7,8 miliardi da inizio anno. E nonostante l’aliquota del 110% sia stata abbassata al 90% già nel 2023 e al 70% da gennaio.

Deficit eccessivo, procedura d’infrazione vicina

I conti pubblici restano in una condizione delicatissima. Per l’anno scorso il deficit era stato fissato dal governo Draghi al 4,5% del Pil. A settembre, il governo Meloni alzava l’obiettivo al 5,3%, prendendo atto proprio dell’effetto Superbonus. Infine, si è rivelato molto superiore alle attese: 7,2%. E il dato definitivo potrebbe risultare ancora più alto.

Spazi di manovra non sembrano esisterne, indipendentemente da come andranno le elezioni europee. E’ vero che la Commissione tende ad essere più benevola con i governi amici. Lo vedemmo palesemente nel 2019 con il cambio di governo a Roma e quello dei commissari a Bruxelles. Tuttavia, in quel caso si trattava di negoziare un deficit più alto e pur sempre sotto il tetto massimo del 3%. Nel caso attuale, Roma certamente sarà oggetto a giugno dell’apertura di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, insieme alla maggioranza degli altri stati comunitari.

Taglio Irpef e cuneo fiscale

Taglio Irpef e cuneo fiscale © Licenza Creative Commons

Taglio cuneo fiscale e Irpef, servono 14 miliardi

In questa condizione difficile servirà trovare risorse per almeno 14 miliardi. A tanto ammonta il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef di quest’anno, che il governo intende “assolutamente” confermare per il 2025 e, anzi, per sempre. Queste misure furono varate formalmente senza coperture finanziarie strutturali, per cui resterebbero attive solo fino al 31 dicembre in assenza di risorse.

Lo 0,7% del Pil non è facile da ricavare in un contesto macro caratterizzato da bassa crescita e alto deficit. D’altra parte sembra impensabile sul piano politico e macroeconomico fare altrimenti. Vi immaginate gli effetti di una risalita fino al 7% dei contributi Inps per i lavoratori dipendenti e del 2% dell’ormai superata seconda aliquota Irpef?

Numeri che ci fanno capire perché il governo stia procedendo più spedito delle attese sul capitolo privatizzazioni. Faranno entrare 20 miliardi di euro in tre anni e già con la vendita del 37,5% di Monte Paschi il Tesoro ha incassato quasi 1,6 miliardi. Nel mirino vi sono Poste Italiane, ma anche Rai Way, Eni, Ferrovie dello stato, ecc. Entrate una tantum, che non irrobustiranno il bilancio pubblico strutturalmente. Serviranno, però, ad attenuare il deficit fiscale per questa fase e nel frattempo ad ottenere un giudizio più positivo della Commissione riguardo all’insieme delle misure a sostegno dell’economia. E il taglio delle tasse rientra in questa strategia di legislatura della premier.

Def 2024, caccia ai miliardi per confermare le misure passate

Per porre un freno ai costi del Superbonus il governo ha già varato d’urgenza un decreto per negare lo sconto in fattura per i lavori non ancora avviati. Questo farà verosimilmente salire di meno la montagna delle detrazioni presentate dai contribuenti. Resta il fatto che di risorse fresche per finanziare il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef non se ne trovino. La nuova versione del Def 2024 avrà ancora fino a cinque mesi di tempo per essere redatta, ma la sostanza non è burocratica. E’ già partita la caccia ai miliardi necessari solo per confermare le promesse passate. Con la speranza che dall’economia giungano spunti più ottimistici, sebbene sembra siano già insiti nelle previsioni di ieri.

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