Non ci saranno cerimonie ufficiali nel Regno Unito per la ricorrenza dei 20 anni dalla morte di Lady Diana, avvenuta alla fine di agosto del 1997 per un incidente a Parigi, sotto il tunnel dell’Alma. Insieme a lei decedevano l’autista e il fidanzato Dodi Al Fayed, rampollo di una ricchissima famiglia egiziana, tra gli altri proprietaria dei magazzini Harrod’s a Londra. La Principessa del Galles aveva solo 36 anni quella tragica notte d’estate, che segna la fine della sua breve, ma intensa esistenza terrena, nonché anche un’era per i media di tutto il mondo.

Era il 29 luglio del 1981, quando l’allora signorina Spencer sposava il Principe erede al trono Carlo in quel che possiamo definire senza dubbio il matrimonio del secolo. La cerimonia fu seguita in diretta TV da 750 milioni di persone nel mondo. Nulla, rispetto ai numeri giganteschi, che attendevano l’altro evento mediatico mondiale: i funerali della giovane principessa.

Quando la BBC e a seguire tutte le altre reti televisive britanniche e del resto del mondo diedero la notizia della morte di Diana, a poche ore dall’incidente, un’emozione senza precedenti si dipanò a Londra e non soltanto. La donna aveva divorziato qualche anno prima da Carlo, spegnendo il sogno da favola, in cui avevano creduto decine di milioni di sudditi di Sua Maestà, oltre che l’opinione pubblica mondiale. (Leggi anche: La Regina Elisabetta II segna un record, il suo è il regno più lungo)

La monarchia UK rischiò grosso

Mai come prima, la monarchia britannica rischiò di vacillare in quei giorni. I sudditi provarono sentimenti di sdegno verso una Corona, che a loro avviso si era mostrata matrigna con la giovane principessa. L’assenza di un discorso ufficiale da parte della Regina Elisabetta ampliò le distanze tra paese e Buckingham Palace. Eppure, a dare una mano alla monarchia fu niente di meno che l’allora neo-premier laburista Tony Blair, che pur godendo di scarse simpatie a Palazzo Reale, convinse la monarca a tenere un discorso pubblico di commemorazione, onde recuperare dopo giorni di polemiche il rapporto interrotto con i sudditi.

E il giorno precedente ai funerali, Elisabetta accettò suo malgrado di onorare pubblicamente la memoria dell’ex nuora. La riconciliazione con i britannici iniziò lentamente e la Corona fu salva, non senza attraversare una fase di sospetti e di scetticismo.

Il funerale di Lady D fu un evento mediatico mondiale di portata ben superiore al suo stesso matrimonio. Due miliardi di telespettatori lo seguirono, segnando un prima e un dopo nella storia della TV. Ma la morte della principessa aprì interrogativi anche sul rapporto, spesso malato, tra VIP e paparazzi. In fondo, le dinamiche mai del tutto accertate dell’incidente parlano di un’auto in corsa tra le vie di Parigi per sfuggire agli obiettivi dei fotografi. E forse uno scatto accecante sarebbe stato fatale per la coppia che vi stava a bordo e lo stesso autista. (Leggi anche: Mostra ‘Lady Diana. Uno spirito libero’)

Funerali Lady D evento politico e mondano

Quel che accadde all’interno dell’Abbazia di Westminster di Londra quel 6 settembre del 1997, poi, è degno di essere raccontato secondo più punti di vista. Sul piano politico-istituzionale, ci si trovò dinnanzi a una Corona costretta ad accettare senza volerlo un funerale di stato ufficiale, nonostante Diana non fosse più un membro della famiglia dopo il divorzio, pur avendo mantenuto il titolo di Altezza Reale. Al passaggio del feretro, la sovrana chinò il capo in segno di rispetto e anche questo gesto le valse il riconoscimento dell’opinione pubblica.

Dentro l’abbazia, il premier Tony Blair definiva Diana “principessa del popolo”, un’espressione che rimarrà fino ad oggi tra le più utilizzate per descriverla, insieme a “principessa triste” o “regina di cuori”.

Il fratello John, con fare sprezzante verso la monarchia seduta ai primi banchi, tenne un discorso in cui dichiarò che “Diana non aveva bisogno di una corona per essere amata”. Un affronto alla Regina Elisabetta, che dovette stringere i denti e ingoiare l’ennesimo boccone amaro in appena una settimana. Elton John, amico intimo della principessa, riesumava una canzone dedicata 35 anni prima a Marilyn Monroe, adattandone il testo e suonando al pianoforte la celeberrima “Candle in the Wind”, simbolo di quella tragica estate e di tutta la fine degli anni Novanta.

Cosa resta di Lady D

La commozione per la morte di Diana rappresenta il punto più basso per la Corona britannica in tempi recenti. Non sapremo mai cosa sarebbe accaduto, se Elisabetta non avesse tenuto il discorso in diretta TV o se non avesse concesso in extremis i funerali di stato. Davvero l’opinione pubblica si sarebbe spinta al punto, da provocare un terremoto istituzionale? Si sarebbero innescati meccanismi politici per cui il sostegno alla monarchia sarebbe venuto rovinosamente meno?

Una cosa sembra, invece, pressoché certa: piaccia o meno ammetterlo, di Lady D e della sua scomparsa prematura non resta sostanzialmente nulla. Dopo lo “scivolone”, il gradimento personale per la Regina Elisabetta è tornato a crescere e oggi, a 20 anni esatti da quel triste evento, è più forte che mai. Nell’insieme, la Famiglia Reale sembra avere ritrovato un’armonia che non viveva da un paio di decenni, superando divorzi, scandali e risse più o meno a mezzo stampa tra consanguinei.

Poco a poco, i sudditi hanno accettato, pur senza fare salti di gioia, il nuovo matrimonio tra Carlo e Camilla Parker Bowles, quest’ultima da sempre il primo amore dell’erede al trono. Il ricordo di Diana è stato progressivamente soppiantato dalle cronache riguardanti i suoi due figli: William e Harry. Il matrimonio nel 2013 del primogenito con Kate Middleton sembra avere definitivamente chiuso quell’era lì, segnata da dolori personali e da rischi per l’istituzione Monarchia derivanti dall’ambito privato.

Tant’è, che oggi Buckingham Palace può permettersi di ignorare la ricorrenza, concedendo solo che i figli di Lady D ricordino la madre in un giardino di Kensington Palace. (Leggi anche: I 5 sovrani più ricchi d’Europa: Elisabetta ha avuto l’aumento)