Nei primi 4 mesi dell’anno, i turisti stranieri arrivati a Cuba sono stati 450.000, sette volte in più dello stesso periodo dell’anno scorso, ma meno della metà dei 968.000 del primo quadrimestre 2020. Per l’economia isolana rappresenta la speranza di risalire la china dopo il duro colpo accusato con la pandemia. Ma pesano sulla crisi di questi anni anche l’embargo americano e la riforma del cambio introdotta a inizio 2021. Senza turisti a Cuba entrano pochi dollari con cui importare prodotti dall’estero.

E anche a causa di ciò l’inflazione è schizzata alle stelle negli ultimi tempi, mentre gli scaffali si sono svuotati in molti casi.

Embargo americano duro, cubani in fuga dalla miseria

Un altro segnale positivo per Cuba è arrivato in settimana con la ripresa delle attività consolari americane dopo oltre quattro anni. Nel 2017, i funzionari dell’ambasciata e del consolato USA contrassero sull’isola una malattia ignota, ribattezzata “sindrome di Cuba” e a seguito della quale il personale diplomatico fu rimpatriato. I primi visti rilasciati aiuteranno i cubani ad emigrare legalmente negli USA. Solo a marzo sono stati 32.500 coloro che hanno cercato di fare ingresso sul territorio americano illegalmente. Altri 78.000 cubani tra ottobre e marzo hanno cercato di entrare negli USA attraverso il Messico.

Se questo accade, è perché le condizioni dell’economia cubana sono disperate. L’embargo americano è stato inasprito negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump. E’ fatto divieto alle banche americane di intrattenere relazioni di alcun tipo sull’isola. Ciò rende molto complicato per i cubani residenti negli USA inviare denaro alle loro famiglie rimaste in patria. Ed ecco che alla fine di aprile la Banca Centrale Cuba ha legalizzato le attività di asset digitali, aprendo alle licenze a favore dei provider. Gli asset consentiti non potranno, tuttavia, essere rappresentativi di monete fiat (dollari, euro, ecc.) e titoli finanziari, in quanto nel caso ricadrebbero in un altro campo regolamentato.

Già alcuni negozi a Cuba accettano pagamenti in Bitcoin ed Ethereum, le due “criptovalute” più famose. Il presidente Miguel Diaz-Canel è stato da sempre un sostenitore di questi asset, ritenendoli un modo per aggirare l’embargo americano. In effetti, il trasferimento di denaro tramite le monete digitali avviene istantaneamente, senza costi e senza la presenza necessaria di un intermediario. Non è un caso che nel settembre scorso El Salvador abbia, addirittura, riconosciuto Bitcoin come valuta legale. Il paese centroamericano vuole così abbattere i costi dei transfer money sulle rimesse degli emigranti, le quali arrivano ad ammontare a un quarto del PIL e sulle quali spesso sono imposte commissioni di oltre il 10%.

Criptovalute anche contro l’inflazione

Molto improbabile che Cuba si spinga fino a tanto, ma il riconoscimento formale delle “criptovalute” sarà un’arma che L’Avana userà per dribblare l’embargo americano. Lo scorso anno, il CUP o peso cubano fu ritirato dalla circolazione. E’ rimasto solo il CUC o peso convertibile a un tasso di cambio di 24 contro 1 dollaro USA. Di fatto, vi è stata una maxi-svalutazione del 96%. E sul mercato nero un dollaro si compra finanche a 100 CUC. Questa misura, necessaria per riformare l’economia socialista, ha provocato l’esplosione dei prezzi al consumo. Ufficialmente, essa è culminata a dicembre al 77,3%, ma economisti indipendenti calcolano che nel 2021 sia arrivata al 500%.

Grazie ai Bitcoin, il regime castrista spera che i cittadini abbiano maggiore accesso ai dollari e che ciò allenti le tensioni sul cambio e allo stesso tempo stabilizzi i prezzi interni. Sarebbero 100.000 i cubani che già utilizzano le “criptovalute” sull’isola, circa l’1% della popolazione, il doppio della media mondiale. E il dato è ancora più incredibile se si pensa che fino a tre anni fa qui non fosse possibile neppure accedere alla rete internet per i telefonini.

Proprio questa apertura ha accelerato i tempi per abbracciare il mercato delle crypto. Non sarà sufficiente a depotenziare del tutto l’embargo americano, ma un po’ aiuterà.

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